Qualche giorno fa era circolata la notizia – allarmante per il nostro Paese – che Sonatrach, la società nazionale di idrocarburi dell’Algeria, “non ha la capacità di mantenere l’impegno preso nel nuovo accordo con l’Italia” (dei 9 miliardi di metri cubi promessi, Sonatrach potrebbe fornirne appena 4 miliardi). Eni è stata quindi costretta a intervenire con un comunicato per smentire: “Nell’ultima settimana dall’Algeria attraverso il Transmed sono arrivati in Italia mediamente 70 milioni di metri cubi al giorno, che rappresentano circa il 36% del totale delle forniture e sono più di tre volte il flusso che è arrivato dalla Russia nello stesso periodo”. La fame di gas, come è noto, è tanta. Dopo che l’Italia dal 2013 si è consegnata sempre più alla dipendenza dal gas russo, salvo poi mettere le sanzioni a Mosca (che si sono trasformate in sanzioni all’Italia), ora è nei guai. Ma che cosa sta avvenendo davvero l’Algeria? Dobbiamo temere interruzioni o carenze di gas? A spiegare la situazione ci pensa Salvatore Carollo, esperto di trading energetico. (Continua a leggere dopo la foto)
Dice Salvatore Carollo in un’intervista rilasciata a Marco Biscella per Il Sussidiario: “Occorre fare chiarezza perché non basta guardare il numero dei volumi esportati. La spiegazione del problema sta nel binomio tra volumi e prezzo. L’Algeria in passato, quando era il nostro principale fornitore, ha esportato verso l’Italia quasi 28 miliardi di metri cubi di gas, grazie alla capacità di trasporto che proprio l’Italia ha costruito con il Transmed, il gasdotto che passa attraverso il canale di Sicilia e arriva a Mazara del Vallo e che può trasportare fino a 30 miliardi di metri cubi. Negli ultimi anni questo export è sceso intono ai 13-15 miliardi, solo nel 2021 è risalito a 22 miliardi e ancora oggi si aggira su questi livelli di esportazione”. (Continua a leggere dopo la foto)
Questi numeri cosa ci dicono? Risponde Carollo: “L’Algeria sta affrontando una crisi nella produzione di gas: le quantità che riesce a estrarre non sono sufficienti a coprire tutte le sue potenzialità di export. In più, il Paese nordafricano ha costruito una serie di impianti di liquefazione per esportare Gnl verso i mercati dell’Asia. Per comprendere bene la questione occorre riandare allo scorso luglio, quando c’è stata la famosa missione del governo italiano in Algeria per siglare nuovi contratti di fornitura: allora abbiamo registrato molte dichiarazioni ufficiali di fonte italiana, ma nessuna da parte del governo algerino. Questo silenzio e queste indiscrezioni ci dicono che in Algeria l’Eni è più che benvenuto. Venisse a investire per la ricerca di nuovi giacimenti di gas e, qualora la ricerca avesse successo, l’Algeria sarebbe ben lieta di esportare questo gas aggiuntivo in Italia, utilizzando tutta la capacità di trasporto disponibile. Ecco il messaggio che è arrivato dall’Algeria. L’Algeria ha una doppia opzione: o immette gas nella pipeline che arriva in Sicilia oppure va ad alimentare gli impianti di liquefazione, esportando Gnl”. (Continua a leggere dopo la foto)
Continua Carollo: Se guardiamo al sistema dei prezzi in questo momento, oggi l’Italia importa gas che è disposta a pagare alle quotazioni del Ttf, la Borsa del gas di Amsterdam, che sono 5 volte maggiori del prezzo del gas liquefatto. Sarebbero sciocchi gli algerini a sostenere i costi di liquefazione del gas per esportarlo a un prezzo 5 volte inferiore. L’Algeria quindi fa emergere le sue difficoltà a produrre più gas, ma nello stesso tempo preferisce fermare degli impianti di liquefazione ed esportare gas verso l’Italia, che stiamo pagando un occhio della testa. Sono stati gli italiani a chiedere a Gazprom, una decina di anni fa, di non legare più il prezzo d’esportazione del gas a quello dei prodotti petroliferi, dal gasolio agli oli combustibili, ma di indicizzarlo al Ttf, un indicatore molto inaffidabile e manipolabile. I tedeschi non hanno seguito questa strada e oggi pagano il gas russo la metà di quanto spende l’Italia. Questo spiega perché con tanta insistenza è proprio il nostro Paese a chiedere un tetto europeo al prezzo del gas. Ma noi stessi ci siamo impiccati con le nostre mani al prezzo del Ttf, che nasce in una Borsa fittizia, senza liquidità e oggetto della più grande speculazione nella storia dell’energia”. (Continua a leggere dopo la foto)
Conclude Carollo: “Finora interruzioni di gas russo per volontà russa non si sono verificate. Mosca si è sempre attenuta ai contratti esistenti. Il gas russo è ancora oggi disponibile e arriva. Non solo: la gran parte del metano che giunge in Italia passa dai gasdotti dell’Ucraina, che nonostante ci sia una guerra in corso non sono mai stati toccati né bombardati, neanche per sbaglio. Noi stiamo affrontando una crisi legata al prezzo del gas, non al suo approvvigionamento. A mettere in ginocchio le nostre aziende e le nostre famiglie è il caro bollette. Ma questa è una scelta nazionale, perché siamo stati noi a voler ancorare il prezzo d’importazione al Ttf, da cui non riusciamo a schiodarci. Probabilmente c’è un coagulo di interessi consolidati che non ci permette di fare questa scelta, altrimenti non si spiega: ci stiamo impiccando con le nostre mani”.
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