di Gianluigi Paragone.
Sao come si fao la cioccolata, con una mescolata di zucchero e cacao. Cacao meravigliao che meraviglia sto cacao meravigliao…
In epoca di striminzitic il Colao meravigliao è un po’ come il cacao meravigliao della banda Arbore di Indietro Tutta: un prodotto burla, inventato per tenerci su tra ballerine e giochini vari. E così come sul finire degli anni Ottanta la gente chiedeva al supermercato o all’alimentari un prodotto inventato e inesistente solo perché reclamizzato alla tv, altrettanto accade oggi col fantomatico piano Colao che esiste solo nella finzione. In altre parole è un mero esercizio di stile, tra l’altro non richiesto.
Mi spiego. Non ho mai amato la moltiplicazione delle task force e non ne ho avvertito la necessità laddove tale creazione accadeva proprio sotto gli occhi di un parlamento costretto a interpretare il ruolo di damigella dell’esecutivo, pertanto non capisco nemmeno per quale motivo nell’opposizione lo si consideri degno di attenzione. A maggior ragione non si capisce a che cosa possa servire un piano creato da tale gruppo di lavoro in un contesto già caratterizzato dall’abuso della decretazione d’urgenza.
Insomma il Colao Meravigliao mi pare l’ennesimo giro sulla ruota panoramica delle vanità, proprio in un momento di gravissime incertezze. Dicono che Conte non lo ami e che il governo non sappia adesso cosa farsene di questo piano; allora la domanda è: chi ha realmente chiamato il manager ex Vodafone? Davvero il presidente Mattarella? Sarebbe grave e imbarazzante. Mentre infatti il parlamento scalcia per il suo ruolo marginale, ancora una volta si supera un organo espressione del popolo con un team di tecnici. A che serve allora votare e chiedere il voto se poi si va dietro al piffero magico dei tecnici.
E siamo così al punto centrale. Dopo tanti dibattiti sulla centralità del parlamento, sul senso dell’espressione contenuta all’articolo uno della Costituzione (La sovranità appartiene al popolo), ecco che il sentimento politico e maggioritario del popolo viene stravolto ancora una volta perché non piace a chi solitamente occhieggia alle élite. Conte si lamenta delle manovre di Palazzo contro di lui, ma “chi la fa l’aspetti” verrebbe da dirgli. Il Conte 2 nasceva per effetto di una manovra di Palazzo, una riabilitazione degli sconfitti – il Pd – rivatilizzati dalla prima forza parlamentare in caduta libera non solo nei sondaggi ma anche nelle tornate successive al famoso 4 marzo. Di cosa si lamenta allora il premier? Dopo averci propinato dpcm e dirette Facebook come se fossimo in una specie di bolla presidenzialista, ora teme il clima delle corti rinascimentali? Suvvia, il tempo di Conte vispa Teresa è passato.
A me sembra che stiamo piazzando prodotti farlocchi sul mercato politico a ritmo di maccheronica samba e ballerine sul carrozzone: il governo di Promettopoli, il piano di Colao Meravigliao, le intemerate di Confindustria e dei sindacati (fintamente contrapposte ma poi lecchine sul Mes e altri strumenti targati Ue)… Il popolo sta fuori, trattato sempre come un soggetto da rieducare e correggere quando alza la testa per rivendicare ciò che è solo buon senso. Mentre a Roma si litiga, nelle case e nelle aziende arrivano bollette e tasse da pagare, non arriva liquidità e la paura di fine col rosso in banca non è affatto remota. E si parla pure di aumenti.
Ora se qualcuno davvero pensa di tenere sempre ai margini i cittadini e il buon senso da loro rivendicato, è bene che il governo strutturi delle risposte quando a settembre l’esasperazione monterà. Quali risposte pensano di dare agli italiani quando nessuno avrà più voglia di spot alla cacao meravigliao?