Un’inchiesta che continua ad allargarsi, quella sullo scandalo delle mascherine acquistate dall’Italia in Cina a prezzo più alto di quello di mercato, a fronte di una qualità scadente del prodotto. Con ricchi guadagni per chi gestì l’acquisto, intermediari vicini al commissario Domenico Arcuri, che si è dichiarato a sua volta parte lesa. E con nuovi dettagli che, però, continuano a emergere giorno dopo giorno, rendendo la vicenda, se possibile, ancora più inquietante. In queste ore, La Verità ha riportato un estratto della deposizione resa ai magistrati da Mauro Bonaretti, consigliere della Corte dei Conti e membro dello staff dello stesso Arcuri. E che evidenzia lo strettissimo rapporto esistente tra l’uomo incaricato di gestire l’emergenza e Mario Benotti, giornalista Rai in aspettativa, indagato per traffico di influenze illecite.
Una figura potente, quella di Benotti, al quale Arcuri affidò la gestione dell’affare nonostante un curriculum non certo in linea con la delicatezza dell’incarico. Condito anche da una finta laurea, tanto per non farsi mancare niente. Il giornalista aveva un rapporto stretto con il commissario, con il quale si sentiva quotidianamente. E aveva voce in capitolo, a quanto pare, un po’ su tutto. Secondo La Verità, in base alle dichiarazioni di Bonaretti, “ci fu un incontro con Arcuri quando si trattò della questione Alitalia, rispetto alla quale Benotti propose un fondo internazionale, Kasoggi”. Ma perché questa figura era diventata così influente da essere coinvolta anche nella gestione della compagnia aerea?
A sponsorizzare Benotti sarebbe stato “monsignor Parolin, il segretario di Stato Vaticano. Credo che dopo un po’ Benotti si sia accreditato presso il ministro del Lavoro Poletti con un incarico molto simile, un consigliere senza tuttavia alcun ruolo decisionale definito”. E sempre secondo Bonaretti, il giornalista, diventato presidente del consorzio Opel, lo avrebbe contattato spesso “chiedendo aiuto per accesso a credito bancario”. Entrando, nel frattempo, in rotta di collissione con la società Leonardo. E auspicando, al telefono con un altro indagato per lo scandalo mascherine (Andrea Tommasi), la sostituzione dell’ad Profumo dopo la quale si sarebbe “scatenata la guerra tra Arcuri e Giuseppe Giordo per la successione”.
Insomma, Benotti era raccomandato dal segretario di Stato Vaticano, aveva voce in capitolo nella gestione del dossier Alitalia, tifava per l’arrivo dei suoi uomini in Leonardo al posto di un Profumo che vedeva come presto dimissionario. E, a conferma del suo potere, avrebbe poi ricevuto da Arcuri la gestione del maxi-affari mascherine, un’operazione da 1,25 miliardi di euro che avrebbe consentito lauti guadagni agli intermediari, che con quei soldi avrebbero poi acquistato case, auto e barche di lusso. In totale, nel mirino della procura di Roma sono finite 4 società e 8 persone, con accuse che vanno dalla ricettazione al riciclaggio fino al traffico di influenze illecite in concorso aggravato dal reato transnazionale.
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