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Scuola, Arcuri spara cifre a caso: il governo si rifiuta di pubblicare i dati veri

Pubblicato il 15/09/2020 15:34

Sulla scuola Azzolina, Conte e Arcuri continuano a fare propaganda. Nonostante la realtà arrivi puntualmente a smentirli, la ministra dell’Istruzione, il premier e il supercomissario non perdono occasione per dare numeri, sciorinare dati che solo loro conoscono e si affacciano da ogni tv a dire frasi tranquillizzanti mentre solo 1 istituto su 10 ha aperto, dei nuovi banchi nemmeno l’ombra e i ragazzi fanno lezione o nelle chiese o negli ex tribunali. Come a Genova, inoltre, si ritrovano a scrivere in ginocchio sulle sedie. Ma c’è una questione di fondo che va chiarita e che merita di essere attenzionata. E riguarda proprio i dati che ancora mancano e che Arcuri e il governo continuano a tenere ben nascosti. Fortunatamente ci ha pensato openpoli.it a fare un po’ di chiarezza. In base al decreto semplificazioni, è la struttura commissariale guidata da Arcuri ad essere responsabile per l’acquisizione di quanto serve per la riapertura in sicurezza della scuola: dai dispositivi di protezione individuale agli arredi scolastici, come banchi e sedute. Purtroppo, però, emerge ancora una grande distanza tra le informazioni comunicate nelle interviste e quelle pubblicate nelle fonti ufficiali, dove manca del tutto il comparto scuola.

Se i dati esistono perché non pubblicarli? Se lo chiede OpenPolis, e noi con loro. Ieri, primo giorno di “riapertura”, il quotidiano La Repubblica ha pubblicato un’intervista al commissario straordinario all’emergenza. Arcuri ha citato alcuni dati per valorizzare l’impegno dello stato nella riapertura. Ad esempio: “Abbiamo distribuito 94,4 milioni di mascherine chirurgiche e 400mila litri di gel igienizzante. Credo bastino no?”. E anche le prossime consegne dei banchi vengono presentate con lo stesso tono trionfalistico: “Entro fine ottobre, cioè in due mesi, consegneremo 2,4 milioni di nuovi banchi”. Sì, ma dove sono le fonti di queste affermazioni che non trovano riscontro nella realtà? Dove sono i dati ufficiali? Perché non c’è traccia di essi?

“Per correttezza – segnala openpoli.it – a queste dichiarazioni dovrebbe fare da contraltare una completa pubblicazione dei dati, per rendere possibile a tutti una valutazione obiettiva. Altrimenti il dato, come elemento a sé stante, e contestualizzato, diventa un espediente comunicativo, se non un elemento funzionale a una propaganda monodirezionale. È per questo che, fin dall’inizio della crisi, abbiamo chiesto la pubblicazione di tutti i dati sulla gestione dell’emergenza”.

Ad oggi purtroppo non solo non ci sono i dati sui fornitori, ma neppure quelli su tutti i materiali acquistati per il rientro in classe. Prendiamo il dato sui dispositivi di protezione. “Il commissario Arcuri – si legge ancora nell’analisi – parla di 94,4 milioni di mascherine chirurgiche consegnate alle scuole, ma è un informazione che allo stato attuale non risulta verificabile con gli strumenti messi a disposizione. Da marzo al 10 settembre sono state consegnate 785 milioni di mascherine, di cui oltre la metà chirurgiche (473 milioni). Da luglio, la piattaforma mostra che sono state distribuite sul territorio nazionale oltre 160 milioni di mascherine chirurgiche. Quante di queste sono andate alle scuole? Selezionando tra i possibili destinatari, non è presente una opzione ‘scuola’, per cui questa informazione dovrebbe essere su ‘altro'”.

“Ma il dato che emerge isolando ‘altro’ non è compatibile con le dichiarazioni del commissario: 6 milioni e mezzo di mascherine consegnate da marzo, molto meno dei 94,4 milioni dichiarati nell’intervista. Quindi delle due l’una: o il dato sul sito non è aggiornato, oppure se è aggiornato non è possibile verificarlo, dato che non è distinguibile dal resto degli acquisti”. Senza dati verificabili, tutto si riduce a propaganda. Ragionamenti analoghi valgono per il gel disinfettante e per gli arredi scolastici, neppure presenti sul sito come categoria merceologica.

“Stando così le cose – conclude openpolis.it – l’invito del commissario a valutare la bontà della sua gestione diventa strumentale. Senza contesto, senza dati, senza possibilità di verifica, come si fa a valutare l’attività di una amministrazione pubblica? L’apprezzamento o meno da parte dell’opinione pubblica diventa funzione delle posizioni politiche, cioè l’esatto contrario del metro di giudizio per valutare un funzionario pubblico. I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. Non fa una piega.

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