Una polemica che continua a tenere banco, quella che coinvolge la Banca Centrale Europea. Che da un lato finanzia l’economia reale fornendo alle banche liquidità a tassi negativi e, dall’altro, conferma la regolamentazione del cosiddetto “calendar provisioning”, che prevede per i bilanci delle banche la svalutazione in modo automatico del 100% in tre anni dei crediti deteriorati non garantiti. Il rischio, secondo molti analisti, è che le conseguenze sull’economia reale e in particolar modo sulle aziende che già portano il peso di una crisi senza precedenti siano molto pesanti. E che nessuno se ne accorga per tempo.
Anche Il Sole 24 Ore ha ribadito in queste ore l’esistenza di rischi derivanti dall’applicazione della normativa introdotta dalla Vigilanza bancaria Europea ai tempi della presidenza di Daniele Nouy ed entrata in vigore per i nuovi crediti a partire dal 2019,con primi effetti sui requisiti Srep dal 2021. Insidie che riguardano soprattutto il mondo dei crediti Utp (i crediti incagliati), quelli relativi ad aziende in difficoltà finanziarie ma ancora con la possibilità di riprendersi, vive. In Italia, alla fine dello scorso anno, ammontavano a 60 miliardi, per dare un’idea del fenomeno.
La crisi economica indotta dal Covid genererà nel corso dei prossimi mesi, stando a recenti stime di Pwc, tra i 60 e i 100 miliardi di nuovi crediti deteriorati a cui corrispondono decine di migliaia di piccole aziende in crisi. Molti di questi nuovi Npe saranno proprio Utp. Una bolla che rischia di esplodere definitivamente quando avrà fine il periodo delle moratorie che in questo momento, in Italia come nel resto d’Europa, sono state adottate per tamponare almeno in parte la crisi. Una volta terminata questa fase, le banche potrebbero ritrovarsi una nuova montagna di crediti a rischio e, in base alle attuali regole di automatismo degli accantonamenti sui prestiti deteriorati che nei giorni scorsi il ceo di Mediobanca ha definito “una bomba atomica per i bilanci”, nei prossimi anni rischiano di dover ricorrere a nuovi aumenti di capitale.
Per le aziende il quadro è ancora peggiore, visto che le conseguenze saranno immediate. Quelle che hanno prestiti classificati come Utp avrebbero bisogno, per riprendersi, subito di nuova finanza. Ma ogni cento euro di nuovi crediti concessi dalle banche, si generebbero 33 euro di nuove perdite l’anno nei bilanci delle aziende di credito. Il tutto a causa di regole che non tengono conto dell’attuale situazione. Un problema che riguarda l’intera Europa ma che desta preoccupazione soprattutto in Italia, dove più alto è il numero delle piccole e medie aziende che al momento si finanziano quasi esclusivamente attraverso il canale bancario.
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