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Da pianista a rider. Abbandonato dallo Stato, muore d’infarto durante una consegna

Pubblicato il 14/01/2021 16:14

La notizie della morte di Adriano Urso ha scosso tutti. Ed è diventata, inevitabilmente, il simbolo di tante questioni. Il pianista jazz, tra i più noti nella Capitale e non solo, è infatti morto d’infarto a causa della crisi provocata dalla pandemia ai lavoratori dello spettacolo. E all’inadempienza del governo che ad oggi, da quando è scoppiata la pandemia, non è ancora stato in grado di dare aiuti e risposte certe a tutto il comparto. Potremmo dire, dunque, che Alberto Urso sia morto indirettamente di Covid. Quel Covid che sta rovinosamente impoverendo i cittadini italiani senza che il governo aiuti. Ma la storia di Alberto Urso è anche il simbolo di questa nuova economia digitale dei rider, i nuovi schiavi.

Adriano ha perso la vita mentre stava facendo il suo lavoro. “Quello nuovo – come scrive La Stampa – su cui aveva dovuto ripiegare proprio per colpa del virus. Non era seduto al suo amato pianoforte, ma stava consegnando la cena a un cliente. Per sopravvivere, infatti, l’artista 41enne era diventato rider e da qualche mese, con i locali chiusi e l’annullamento di tutte le serate programmate, il suo pubblico era cambiato: non più la clientela dei piano bar ma quella del delivery che con la sua passione, la musica, non aveva davvero nulla a che fare”.

Il 10 gennaio, mentre era in servizio come fattorino dalla Just Eat, durante un giorno festivo, deve effettuare una consegna a domicilio nella periferia sud e vuole farlo nei tempi giusti, “per non far attendere chi, come tanti in questo momento, ordina a distanza. Lui non usa la bicicletta né il motorino ma la sua auto, una vecchia Fiat che non gli ha mai dato problemi. Ora però sembra far dei capricci. Non si mette in moto. Urso tenta in tutti i modi di farla ripartire, poi due passanti lo vedono in difficoltà e decidono di dargli una mano. Insieme i tre provano a spingere la macchina. Uno sforzo che per il pianista si rivelerà mortale”.

Come sottolinea Luisa Mosello, “quella fatica di pochi istanti è solo l’ultima di una serie di lunghi, interminabili momenti di sconforto tenuti stretti, dentro, tentando di guardare al futuro con un barlume di speranza”. Il caso di Adriano Urso purtroppo non è isolato, è identico a quello di tanti che stanno morendo indirettamente di Covid, per colpa dello Stato che non sa e non vuole intervenire. Da tempo andiamo dicendo anche da questo giornale che la misura più urgente – già dal primo lockdown – è quella di fare il cosiddetto “helicopter money”, ossia distribuire liquidità direttamente ai cittadini.

Le persone stanno soffrendo, molto sono arrivate davvero “alla fame”, e le code sempre più in aumento alla Caritas lo testimoniano. Ma Conte i suoi continuano a pensare alle poltrone e a sfruttare la pandemia per varare misure che vanno a ingrassare le tasche dei soliti noti e dei già ricchi. I dati lo certificano. La dignità di migliaia di italiani è “calpesta e derisa” da troppi mesi ormai. E il popolo è saturo.

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