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“23 ore al pronto soccorso”. Sanità a pezzi, crolla anche l’ultimo feudo leghista: “Ancora sospesi i sanitari non vaccinati”

Pubblicato il 29/08/2022 13:22

Era arrivata al Pronto soccorso dell’ospedale Dell’Angelo di Mestre dopo una caduta dalla bici con dolori dappertutto, un trauma cranico, delle ferite. Lì, però, era rimasta per addirittura 23 ore, un’infinità. Un’esperienza allucinante quella vissuta da S.S., che ha deciso di rendere pubblica la sua storia per denunciare le condizioni in cui versano le strutture sanitarie nel nostro Paese: “Non è una lettera di lamentele sul personale sanitario o su quanto mi è accaduto, ma vuole essere un’occasione per mettere in luce l’attuale situazione critica del Pronto soccorso e possibilmente contribuire a migliorarla”.

“Mi sono trovata ad attendere un elevato numero di ore senza avere diagnosi – ha raccontato la donna a Venezia Today – il desk dell’area verde a cui mi sono rivolta più volte mi ha dato solo alcune informazioni parziali, e solo dopo 17 ore di attesa mi è stato detto di chiedere al triage. Lì ho conosciuto la mia diagnosi, mentre un infermiere sollecitava telefonicamente l’Ortopedia”. Poi di nuovo in attesa.

“Ho assistito a passaggi di presa in carico tra personale del Pronto soccorso e Ortopedia”. Alla fine è tornata a casa senza fare la tac né la risonanza alla testa, come invece si sarebbe immaginata: “Non mi è stato chiesto, prima delle dimissioni, se avessi ancora mal di testa. La prima visita l’ho fatta 11 ore dopo il mio arrivo all’ospedale – rammenta – un tempo inammissibile per verificare un trauma cranico. Ho visto che i pazienti dovevano stare attenti, pena la perdita del turno in caso di mancata risposta alla chiamata del loro numero, e fra loro anche anziani o persone sofferenti. Penso si dovrebbero fornire cuscini e coperte alle persone in attesa, anche perché la sala era gelida”.

Difficile persino avere dell’acqua: “I distributori sono a pagamento e se non si dispone di monete si rischia di non mangiare né bere per ore. Ma più semplicemente ho visto anche una persona con problemi motori che non riusciva a raggiungere il bagno non ha avuto alcuna assistenza: ad aiutarla è intervenuto un altro paziente. Situazioni paradossali, che si sommavano a tutto il resto. Alla fine sono rimasta più di 20 ore ad aspettare una visita ortopedica, che tardava ad arrivare a causa di disguidi con gli ambulatori. Nell’augurarmi che la mia odissea non ricapiti ad altri, non intendo incolpare né il personale sanitario né i pazienti, ritengo che sia doveroso che tutto questo non capiti più”.

La Ulss 3 ha replicato negando l’esistenza dell’emergenza descritta dalla ragazza e sottolineando come il lavoro dei santiari sia “provato in tutta Italia dalla carenza endemica e sempre più importante di personale medico e infermieristico, che l’azienda sanitaria cerca di sanare con tutti i mezzi messi a disposizione dalla normativa nazionale e regionale”. La conferma di come anche in Veneto, feudo leghista, le politiche a favore dell’obbligo vaccinale hanno fatto disastri, impedendo a medici e infermieri di aiutare i pazienti in un momento di difficoltà generale per la sanità.

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