L’economia cresce in modo continuato, la disoccupazione è al 3,5% e i salari salgono. Donald Trump rivendica il merito del “suo” boom economico, con la Borsa alle stelle, una “rinascita della classe operaia” sia in termini di posti di lavoro che di salari e gli Stati Uniti che stanno fiorendo, come ha detto il presidente a Davos. Questo boom ha addirittura proiettato gli indici di Wall Street ai massimi storici. In quanto agli operai americani – spiega anche Repubblica – “è innegabile che stiano meglio di tre anni fa. Nel 2019 l’economia Usa è entrata nel suo undicesimo anno di crescita consecutiva, un altro record. La disoccupazione è scesa al 3,5%, cosa che non accadeva da mezzo secolo”.
Le donne hanno superato gli uomini nel godere di questo boom di posti di lavoro. I salari salgono del 3%, più dell’inflazione. Ma la stragrande maggioranza degli economisti – e di quelli che da Bruxelles fanno la morale a lui e all’Italia – considerano Trump una sciagura. E tanto criticati dazi contro la Cina? Un altro colpo di genio: l’aumento dei prezzi al consumo resta al 2% annuo, cioè esattamente dov’era prima dei dazi; i prezzi non salgono e l’occupazione cresce, e Trump può addirittura festeggiare la raggiunta autosufficienza energetica. Ma questa, come sottolinea Federico Rampini su Repubblica, “ebbe inizio sotto la presidenza Obama, ed è il portato di un rivoluzione tecnologica”.
Trump ha però il merito – tutto suo – di aver varato una straordinaria riforma fiscale che – spiega ancora Rampini – “ha ridotto la pressione delle tasse sulle imprese e ha innescato un rimpatrio di capitali esteri da parte delle multinazionali. Anche la sua – deregulation ambientale – è triste ma vero – ha aiutato la crescita. Su questo terreno lui coglie le contraddizioni di altri leader che si proclamano ambientalisti. Xi Jinping formalmente aderisce agli accordi di Parigi, però appena ha temuto un rallentamento della crescita ha rilanciato il carbone, e le emissioni cinesi di CO2 continuano ad aumentare. Emmanuel Macron si è rimangiato la carbon fax di fronte alla protesta dei gilet gialli”.
Un altro dato che è interessante sottolineare, e lo facciamo ancora citando Rampini, è che “sul terreno del protezionismo Trump ha rubato tante idee alla sinistra. Basta guardare al nuovo trattato Commerciale con Canada e Messico, quel Usmca (United States Mexico Canada Agreement) che ha sostituito il Nafta. La Casa Bianca ha strappato maggiori garanzie a favore degli operai statunitensi, proprio come chiedevano i sindacati metalmeccanici: è aumentata la percentuale di componenti ‘made in Usa’ obbligatoria perché un’auto possa essere importata negli Stati Uniti senza dazi; è aumentato il salario minimo richiesto per le fabbriche messicane. Non è un caso se l’Usmca è il primo trattato dagli anni Sessanta che ha avuto l’approvazione della confederazione sindacale Afl-Cio. Perciò anche i democratici l’hanno approvato al Congresso”.
Conclude Rampini, e si dovrebbe prendere nota: “Oggi le due superpotenze con economie che crescono (Cina e Stati Uniti) accettano con disinvoltura i deficit pubblici, mentre la superpotenza stagnante e depressa (l’Unione Europea) rimane soggiogata dalle rigidità di bilancio. Solo sul protezionismo ultimamente l’Europa sta cedendo a Trump. Inoltre Bruxelles minaccia una carbon tax sulle importazioni: che è un dazio dipinto di verde”.
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