Vent’anni di lento quanto inesorabile declino, e nulla più. Si può riassumere così l’avventura dell’Italia nell’Unione Europea, nata per favorire alcune economie, con particolare riguardo per quella tedesca, a scapito di altre, come la nostra. Un concetto che emerge chiaramente se si guarda al nostro Pil, che oggi vale il 14,5% di quello dell’area euro contro il 17,7% coperto nel 2001. Un dato figlio in parte anche della recente pandemia, certo, ma che racconta anche di una costante erosione che ha finito per spingerci ai margini dell’Eurozona.
Il Sole 24 ore ha evidenziato anche come il sia crollato, di pari passo, il reddito pro capite italiano, che oggi vale l’82,8% della media Ue e che era oltre il 100% sempre nel 2001. Negli ultimi vent’anni, complessivamente, la stagnazione italiana ha ridotto del 18,4% il peso del nostro Paese sulla produzione dell’Eurozona. Peggio di noi, per intenderci, ha fatto soltanto la Grecia. Premesse non certo ottimali in vista di un piano di rilancio che, se basato ancora sulle solite regole imposte dall’Ue, difficilmente ci porterà fuori da questa drammatica crisi economica.
Il rischio, forte, è che l’emergenza Covid-19 spinga a chiudere ancora una volta gli occhi su altri problemi che attanagliano l’Italia e i Paesi dell’Unione, in attesa di una risposta fin qui mai arrivata. Per trovare un momento in cui lo Stivale ha avuto delle performance superiori a quelle del resto degli Stati Ue bisogna tornare indietro addirittura al 1995-96, quando la quota italiana nel prodotto dell’attuale Eurozona era salita di un punto e mezzo. Poi, un costante segno negativo, che ci ha portato in un condizione sempre più marginale.
Vero che tra le cause di questo declino, come segnalato dal Sole 24 Ore, rientrano anche una burocrazia farraginosa e scorragiante per gli imprenditori, un sistema fiscale da rivedere e via dicendo. Ma il risultato finale è che, con l’ingresso in Europa, abbiamo visto arricchirsi tanti nostri vicini (a partire da Parigi e Berlino) mentre noi diventavamo sempre più poveri. Vent’anni di EuroGermania ci hanno messo in ginocchio. E la scelta di Draghi come premier non farà che renderci ancora più docili e asserviti.
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