Il tennis sembra essere l’unico sport in cui gli organizzatori non si fanno scrupoli ad espellere la loro punta di diamante. Ovviamente ci riferiamo all’esclusione di Novak Djokovic dagli US-Open. Il motivo? Il serbo ha deciso di fare a meno della somministrazione del vaccino anti-Covid, portando avanti una vera battaglia personale, anche al costo di non gareggiare nel prestigioso torneo che l’avrebbe visto favorito.
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Un film già visto
Come riporta Byoblu, le regole sanitarie statunitensi per coloro che entrano nel paese dall’estero prevedono tutt’ora il possesso di un certificato vaccinale in corso di validità. Norma diversa per i possessori della nazionalità Usa. Al di là dello status vaccinale, infatti, gli sportivi statunitensi possono partecipare alle competizioni. L’esclusione di Novak Djokovic ricorda molto quanto accaduto in Australia lo scorso gennaio, quando al campione era stato impedito di gareggiare al Grande Slam nonostante possedesse un certificato di avvenuta guarigione dalla Covid-19.
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Regole ad hoc per gli americani
L’11 agosto, la CDC statunitense aveva diffuso le nuove linee guida anti-Covid, mettendo sullo stesso piano vaccinati e non vaccinati. Ma la regolamentazione degli ingressi nei confini Usa per gli stranieri è rimasta invariata. Dunque si è palesata una grossa disparità di trattamento tra cittadini statunitensi e cittadini stranieri.
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Moderna sponsor ufficiale degli US-Open
Ad ogni modo, visto che uno degli sponsor ufficiali del torneo risulta essere la casa farmaceutica Moderna, produttrice di uno dei vaccini a tecnologia mRNA, c’è da scommettere la presenza di Djokovic non sarebbe comunque stata ben accetta. Insomma, il trofeo non poteva essere sollevato da un oppositore così convinto di questi farmaci come lo è il super campione. Di certo ci si chiede quali siano le basi scientifiche per cui Djokovic abbia potuto partecipare e trionfare al Wimbledon di Londra a luglio scorso, mentre la sua presenza in Australia e Stati Uniti viene percepita come una minaccia alla salute pubblica.
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Un palese conflitto di interessi
Bisogna altresì sottolineare l’anomalia su fatti che la stessa casa farmaceutica che impone agli sportivi la somministrazione di molteplici dosi di vaccino si occupi di sponsorizzare l’evento sportivo a cui gli stessi partecipano. Appare chiaro un evidente conflitto d’interessi. Ad ogni modo, Djokovic non ne vuole sapere di barattare la sua dignità umana per la partecipazione a un torneo. Paradossalmente, il suo slogan è lo stesso di chi vorrebbe imporre i vaccini anche agli animali domestici: “La salute prima di tutto”. È giovane, in forma e in piena salute. La sua unica colpa è quella di non aver ricevuto il marchio farmaceutico che decide chi fa parte della società e chi no.
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