Questa pandemia ha definitivamente sancito la fine dell’Europa e del “sogno europeo”. Se ne sono accorti persino quelli che, da europeisti convinti, si attendevano dai tavoli di Bruxelles, dai summit, dalle videoconferenze, la soluzione ai drammi del paese. L’unica cosa che è uscita da quei tavoli, invece, è la granitica certezza delle fratture e dei conflitti che agitano l’arcipelago Europa. Come spiega John Florio, in un approfonditissimo articolo pubblicato su Limes, Europa, al di là di ogni fumosa utopia, rimane “un campo di tensione geopolitica in cui a regnare, specialmente nei momenti di crisi, non è l’irenica idea di solidarietà, ma l’aurorale legge del più forte”, che – guarda caso – è la Germania, lo Stato che fa e disfà come più gli ritorna utile.
Scrive Florio: “L’infezione virale ha colpito con asimmetrica forza gli Stati dell’Ue, travolgendo quelli più fragili, come l’Italia, e infierendo solo marginalmente su quelli più solidi, come la Germania. Amplificando così gli squilibri e i moti tellurici di un’insostenibile unione monetaria. Che alla prova della storia si è confermata non tanto l’anticamera dell’unione politica, quanto una polveriera di divisione e conflitto in Europa. Lacerazioni e divisioni che, come prevedibile, sono emerse di fronte al problema di come finanziare le misure di contrasto al crollo economico generato dal contenimento del virus, che in Italia molto più che in Germania ha comportato un crollo simultaneo dell’offerta e della domanda”.
Tutti concordano — a differenza di dieci anni fa — sulla necessità di iniettare forti dosi di liquidità nell’economia reale. E l’Euro? Scrive Florio che è “una risorsa scarsa, su cui gli Stati non esercitano alcun controllo e che devono racimolare sui mercati finanziari a tassi d’interesse che rispondono alle logiche speculative. Sprovvisti di una propria Banca centrale, i paesi con alti tassi di indebitamento e minori spazi di manovra fiscale, capitanati da Francia e Italia, hanno quindi fatto appello alla ‘solidarietà europea’, auspicando a gran voce l’emissione di titoli di debito europei. Esprimendo di fatto l’attesa che l’Europa, cioè la Germania, risolva lo stallo dell’Eurozona ‘dimostrandosi solidale’ – varcando, cioè, sotto l’immensa pressione delle circostanze, la soglia dell’unione fiscale”.
Le aspettative politiche nutrite dall’attuale classe dirigente italiana e francese sono tuttavia prive di fondamento. E qui veniamo al vero problema di visione “L’impianto ricattatorio della tesi ‘unionista’ – argomenta Florio – secondo cui la Germania avrebbe il ‘dovere morale’ di agire nel presunto ‘interesse europeo’, è una sicura ricetta per dare fuoco alle polveri di ostilità e risentimento tra i popoli europei. La verità è che un’unione fiscale e politica imposta con il ricatto può solo essere un’unione in cui uno o l’altro dei popoli europei è sottomesso e tenuto prigioniero contro la propria volontà; non già un’unione sostenuta dai vincoli immateriali di amicizia e senso di appartenenza, ma una camicia di forza imposta dalla coercizione finanziaria (e politica)”. Ed è questo che sta mettendo in atto la Germania.
“La Germania – aggiunge Florio – dovrà riconoscere agli altri popoli il medesimo diritto di autonomia per quanto concerne le decisioni fondamentali che attengono l’organizzazione sociale e politica dei loro Stati, instaurando con essi un nuovo rapporto basato sul riconoscimento di interessi (in molti casi) legittimamente divergenti. Il nostro paese ha il diritto — oltre che il dovere — di decidere sovranamente sul proprio futuro e, nello specifico, su come fuoriuscire da una situazione che, aggravata dagli anni di permanenza nella moneta unica, è diventata vieppiù critica e si è ora fatta insostenibile. Portandoci pericolosamente vicini a un punto di rottura che minaccia il fondamento stesso dello Stato e i diritti fondamentali dei cittadini italiani”.
La parte più interessante del pezzo di Florio è quando si legge: “In questo senso, l’ideologia del vincolo esterno – ovvero l’idea secondo cui l’Italia avrebbe bisogno di un ‘ancoraggio in Europa’ e di una disciplina imposta dall’esterno – è espressione di una radicale sfiducia verso il proprio paese, e come tale implicita ammissione di inadeguatezza della sua classe politica. Lo shock virale non farà che accelerare l’inevitabile smantellamento dell’unione monetaria”, che quando fu introdotta, servì ad “imporre scelte politiche aggirando l’agone democratico, sottraendo potere alla politica e redistribuendolo ai mercati, consentendo loro di assumere il controllo del finanziamento degli Stati. La moneta unica è figlia di questa visione radicalmente antidemocratica”.
Per lo stesso motivo lo scacco matto dell’Eurozona non è tecnico, è geopolitico: “Se la Francia ha concepito l’euro come stratagemma, tragicamente errato nei suoi presupposti economici, per contenere la Germania riunificata, la Germania non ha mai inteso procedere sulla strada di una reale integrazione politica, come dimostrano i parametri di convergenza tassativamente voluti dal cancelliere Helmut Kohl per l’assenso tedesco alla creazione della moneta unica: parametri e regole di convergenza ispirati al principio opposto a quello di integrazione, escludendo ab origine meccanismi automatici di redistribuzione fiscale. Non c’è futuro per la moneta della discordia (l’Euro). Senza recuperare piena sovranità politica e pieno controllo sulla politica economica non sarà possibile garantire un futuro di prosperità e benessere per l’Italia”.
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