Un documento inviato a tutti i ministri da Paolo Savona, oggi presidente Consob ma allora titolare degli Affari Ue, metteva in guardia il governo dai rischi delle modifiche del Mes. Quel documento, Una politeia per un’ Europa diversa, aveva spaventato molto il mondo politico e finanziario dell’Unione ma aveva centrato il punto: “La proposta in discussione di creare un fondo europeo per gli interventi, comunque lo si chiami – metteva nero su bianco Savona, come ricorda oggi Il Messaggero – oltre a disporre di risorse insufficienti, ha il duplice difetto di riproporre la parametrizzazione degli interventi, invece di valutare caso per caso secondo una visione politica comune. Essa inoltre ripropone i difetti della condizionalità restrittiva per la politica fiscale dei paesi che a esso ricorreranno, rendendo il meccanismo rigido nell’applicazione e con effetti deflazionistici”.
Che vuol dire? Traduzione: il Mes avrebbe peggiorato, e non risolto i problemi degli Stati costretti a ricorrervi. Il guaio è che oggi, dopo la trattativa, nel testo è rimasta la valutazione della sostenibilità dei debiti e della capacità dello Stato che chiede un prestito di poterlo restituire ed è un punto che difficilmente sarà oggetto di negoziazione ulteriore. Al premier Giuseppe Conte e al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, spiega il quotidiano romano, rimane la carta della modifica degli allegati, per correggere parzialmente un tiro destinato a fare malissimo all’Italia.
Perché la ristrutturazione del debito che renderebbe carta straccia i titoli di Stato (in mano soprattutto ai risparmiatori italiani) è ancora in piedi e anzi un caposaldo del Meccanismo europeo di stabilità. La domanda continua ad essere posta. Durante il primo esecutivo Conte erano stati compiutamente valutati i rischi delle modifiche al Mes? Ora si sa, dunque, che durante lo scorso governo l’allora ministro delle Politiche Comunitarie, Paolo Savona, inviò a tutti i ministri, ai Commissari europei e ai vertici della Bce, questo documento.
Savona, quindi, aveva segnalato i difetti del Mes riemersi in questi giorni. Cosa può fare, allora Roma? Scrive Il Messaggero: “Il tentativo è quello di intervenire sugli aspetti ‘tecnici’. Modificare gli allegati, ma senza toccare nessuno dei capisaldi inseriti nel Trattato. E poi provare a schivare il principale rischio che, secondo il governo, potrebbe palesarsi all’orizzonte: la richiesta arrivata dal ministro delle Finanze tedesco Olaf Sholz, di considerare non più sicuri i titoli di Stato. La strategia italiana è l’ennesima prova che gli accordi raggiunti il 13 giugno scorso dall’allora ministro dell’Economia Giovanni Tria e ratificati il 21 giugno da Giuseppe Conte all’eurosummit, sono di fatto intoccabili”. E questa è la vera beffa.
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