Un Paese che vive da settimane, ormai, una fastidiosa dicotomia. Quella tra il sorriso smagliante con cui il premier Giuseppe Conte si presenta puntualissimo davanti alle telecamere per annunciare quello o questo intervento snocciolando cifre in arrivo nelle tasche di famiglie e imprese italiane e, dall’altra parte, le stime che evidenziano i danni di una crisi economica senza precedenti e che rischia di presentare un conto sempre più salato. Ultima in ordine cronologico quella dell’Istat, che prevede “una marcata contrazione del Pil nel 2020” con una caduta dell′8,3%, e “una ripresa parziale nel 2021″, stimando un rialzo del 4,6%.
A regnare sovrana, secondo il report dell’istituto, è l’incertezza, evidenziata anche da recenti sondaggi nei quali gli italiani si sono espressi con una paura crescente verso quello che li aspetta in futuro. L’Istat ha rimarcato, nelle “Prospettive per l’economia italiana”, come “il dilagare dell’epidemia di Covid-19 e i conseguenti provvedimenti di contenimento decisi dal Governo” abbiano “determinato un impatto profondo”. Il risultato è uno shock senza precedenti. Una situazione generale in cui i punti saldi sono pochi e i dubbi tanti, tantissimi.
Se è vero che da un lato, dopo una ulteriore flessione del Pil nel secondo semestre, ci sono i segnali per una possibile ripresa all’orizzonte, è altrettanto evidente secondo l’Istat che le conseguenze nell’immediato non saranno trascurabili. I consumi per le famiglie sono in discesa (-8,7%), e a questo si accompagna “il crollo degli investimenti” (-12,5%), a fronte di “una crescita dell′1,6% della spesa delle amministrazioni pubbliche”.
Sul fronte occupazione, si legge ancora nel report: “Nel biennio di previsione, gli effetti di transizione verso l’inattività sono attesi influenzare la disoccupazione che dovrebbe ridursi nell’anno corrente (9,6%) per poi aumentare quello successivo (10,2%). Nel 2019 il tasso si è attestato al 10%. Nel confronto con la media del 2019, nei primi 4 mesi dell’anno circa 500 mila persone hanno smesso di cercare lavoro transitando tra gli inattivi”.
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