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L’Italia resta inchiodata ma il governo aumenta le tasse: casa e consumi nel mirino

Pubblicato il 10/09/2020 16:51

Ma guarda un po’, adesso anche il governo si è accorto che i soldi dell’Europa, quando mai arriveranno, poi dovranno anche essere ridati indietro con gli interessi. E allora come fare? Facile: basta tassare gli italiani, andando a colpire soprattutto case e consumi. Certo, non lo dicono ad alta voce. Perché la propaganda vuole che i soldi europei siano spesi in opere meravigliose di rilancio del Paese. Peccato, però, che dopo il lockdown e la pandemia, i cittadini stiano con le tasche vuote e gli ci manca solo di pagare ancora più tasse… Ed ecco dunque che la ricetta è sempre la solita: l’Italia chinerà il capo e seguirà le condizioni dell’Ue. E a pagare il conto saremo noi.

Le raccomandazioni, già da anni, propongono infatti di cercare spazi fiscali nei “consumi” e nel “patrimonio”. Tradotto? Come analizza Antonio Signorini su Il Giornale, l’applicazione più ovvia potrebbe dunque portare all’aumento dell’Iva “e il ritorno delle imposte sulla prima casa per alleggerire il costo del lavoro e degli altri fattori della produzione”. Nel capitolo fiscale delle ‘politiche di supporto’ al piano, il governo non fa nessun accenno a patrimoniali sul mattone o a ritocchi dell’Iva, ma il riferimento alle raccomandazioni-paese pre-crisi lascia aperto un varco a tutte le scelte.

“Anche perché prima del Recovery – ricorda Signorini – il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri dovrà affrontare la Legge di Bilancio e, con tutta probabilità, non potrà contare sulle risorse Ue. Il Recovery plan vero e proprio arriverà a gennaio. A ottobre potrebbe arrivare una versione intermedia, utile a ottenere il famoso anticipo del 10%”. Senza anticipo, i fondi dell’Ue saranno erogati a partire dalla prossima primavera, e quindi il governo si ritroverà costretto a scelte impopolari. Come l’aumento delle tasse, appunto.

Nelle linee guida del governo per l’utilizzo dei fondi del Recovery Fund si precisa che il Piano nazionale di “ripresa e resilienza” (così l’hanno chiamato) dovrà essere compatibile con gli obiettivi di finanza pubblica del Governo. E dato che i prestiti – ricordiamolo: ben 127 miliardi – peseranno sul debito, il piano ribadisce l’impegno a ridurlo. Ed ecco il solito il cane che si morde la coda. Come ridurlo? Ai nostri portafogli l’ardua sentenza.

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