Sentiamo parlare ormai quotidianamente dei cosiddetti “algoritmi” e di come, grazie a queste intelligenze artificiali, i diritti dei consumatori sarebbero oggi maggiormente tutelati. Il principio, sulla carta, è semplice: il prezzo di tanti servizi offerti in rete, come per esempio la prenotazione di un volo, è stabilito oggi artificialmente da cervelloni virtuali. Messe in competizione tra loro, le intelligenze artificiali dovrebbero sfornare le offerte più appetitose possibili per i clienti, che chiaramente trarrebbero il massimo del vantaggio da questa sfida a distanza in cui sono gli algoritmi, in automatico, ad adeguare i costi di volta in volta, in una gara teoricamente al ribasso. Tutto bello, tutto giusto. Almeno sulla carta. Perché la realtà è ben diversa e non sono mancati, negli anni, allarmi lanciati da esperti in merito al rischio della formazione di un vero e proprio “oligopolio collusivo“. (Continua a leggere dopo la foto)
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Uno studio pubblicato dal Politecnico di Torino ha evidenziato come, a tal proposito, “la teoria economica suggerisce che esiste il rischio che gli algoritmi, migliorando la trasparenza del mercato e consentendo uno scambio molto frequente di informazioni e dati, aumentino la probabilità di collusione anche nei mercati che tradizionalmente sarebbero caratterizzati da una forte concorrenza”. Cosa significa tutto questo? Presto detto. (Continua a leggere dopo la foto)
In maniera tacita, le intelligenze artificiali che regolano i prezzi online di “mercati oligopolistici con elevate barriere all’ingresso”, come appunto il già citato caso delel compagnie aeree, potrebbero finire per coordinarsi tacitamente “per segnalare e attuare politiche comuni“. Invece di adeguare i prezzi al ribasso per farsi concorrenza, in sostanza, i cervelloni finirebbero piuttosto per orientarsi verso aumenti condivisi, in cui al crescere del costo delle offerte di un’azienda seguirebbero manovre analoghe da parte di tutte le altre. A tutto svantaggio, ovviamente, del consumatore. (Continua a leggere dopo la foto)
Posizioni simili sono state espresse in un paper pubblicato dall’Università di Teramo e firmato da Giovanni Biasini: alcune simulazioni suggeriscono che “sebbene l’utilizzo di queste tecniche possa garantire ampi benefici ai consumatori grazie alla maggiore efficienza dei mercati, esiste altresì la possibilità che tali algoritmi apprendano autonomamente a perseguire anche le opportunità di erodere il beneficio del consumatore e creare coordinamenti taciti, senza dover seguire alcuna esplicita programmazione collusiva umana e mantenendo una perfetta assenza di scambi di informazioni”.
Le possibili soluzioni suggerite dagli autori sono l’introduzione di normative ad hoc pensate per punire eventuali comportamenti dannosi delle intelligenze artificiali o, addirittura, l’introduzione di leggi che impediscano l’affidamento ai cervelloni virtuali della gestione di alcuni servizi. Un tema che, però, continua a essere ignorato tanto dall’Ue quanto da altri enti regolatori. Il risultato? Di recente il governo Meloni, introducendo un tetto ai costi dei voli, si è scontrato con il Ceo di Ryanair Eddie Wilson che ha parlato di “politiche da Urss” e “lesione del libero mercato”. Un libero mercato già influenzato, in realtà, da algoritmi tutt’altro che al servizio dei consumatori. Con lo Stato in difficoltà nell’imporre eventuali interventi correttivi a tutela delle famiglie.