Addio alle auto guidate dagli esseri umani? Nella Silicon Valley è già realtà. È con una certa dose di coraggio che tre giornalisti del New York Times hanno sperimentato il prototipo di Waymo, la prima auto a guida autonoma progettata da Alphabet, che a sua volta è la società madre di Google. La cosa deve far riflettere: tempo fa scrivevamo delle previsioni di Goldman Sachs sui posti di lavoro in cui l’Intelligenza Artificiale potrebbe sostituire l’uomo, ovvero circa 300 milioni di impieghi a tempo pieno, solo negli Stati Uniti; abbiamo anche scritto dell’appello di Elon Musk e altri giganti della stessa Silicon Valley a rallentare la corsa all’intelligenza artificiale. Timori assai fondati e su cui torneremo in seguito. Frattanto, la società Waymo dal 21 agosto consente alle persone di pagare per le corse nelle sue Jaguar senza conducente a San Francisco. Cominciamo col dire che i tre giornalisti tecnologici inviati dal New York Times per testare il servizio, Tripp Mickle, Mike Isaac e Yiwen Lu, sono ancora vivi. Scherzi a parte, ciascuno dei tre è salito su un veicolo differente per poi ritrovarsi al ristorante Beach Chalet nel Golden Gate Park. Ecco, di seguito, le esperienze raccontate da ciascuno dei tre. (Continua a leggere dopo la foto)
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L’esperienza di Tripp Mickle
Partiamo da Tripp Mickle, che da anni segue le notizie che giungono dalla Silicon Valley, che si trova proprio nei pressi di San Francisco. Dapprima ammette di aver avuto non pochi problemi ad entrare nell’automobile, che non si apriva, era impossibile aprirla perché mancavano le maniglie: sino a che, con l’aiuto del fotografo, Andri Tambunan, ha finalmente trovato il pulsante “Sblocca”. A quel punto, dunque, le maniglie sono spuntate dalla carrozzeria. Dopo questo inizio traumatico, “Ciao, Tripp” ha sentito dire, poiché naturalmente l’app di Waymo, usata per prenotare i veicoli, aveva registrato i suoi dati e la sua posizione. Ora, a molti tra i lettori, sarà venuta in mente la macchina intelligente del telefilm Supercar. E così è cominciato il viaggio, dapprima con un brivido: “Quando l’auto si è avvicinata a un autocarro con cassone ribaltabile che stava bloccando il traffico, mi sono chiesto se si sarebbe schiantata contro il camion o se si sarebbe fermata”, racconta il giornalista. Ma invece l’auto senza autista ha rallentato, ha messo l’indicatore di direzione ed è scivolato nella corsia adiacente con millimetrica precisione. L’auto non ha mai superato il limite di velocità, ancora nel racconto di Tripp Mickle, e si è fermata correttamente ad ogni incrocio. Dunque, per la prima “cavia”, si è trattato di un’esperienza positiva ma con un unico neo: la cosa più difficile in questo taxi robot è stata “aprire la portiera”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Mike Isaac, “un seguace paranoico delle regole”
Secondo esperimento con Mike Isaac, autore di “Super Pumped: The Battle for Uber“, un libro divenuto best-seller, incentrato sulla repentina ascesa e drammatica caduta della società di ride-hailing, ovvero le piattaforme che permettono la condivisione di viaggi in auto, ma solo su tratte interurbane. “Un seguace paranoico delle regole“, si definisce lui stesso. E dunque non gli sarà dispiaciuto se, una volta prenotato attraverso l’apposita app il suo veicolo Waymo, e ricevuta la risposta di dover attendere 7 minuti, se lo è visto arrivare dopo 7 minuti esatti. Il giornalista specializzato in tecnologia è, inoltre, rimasto favorevolmente colpito allorché l’auto ha riconosciuto due camion parcheggiati male, talmente male che “bloccavano un lato di Broderick Street”, sicché il prototipo si è spostato nell’altra corsia: “È quello che avrei fatto io”, ha commentato Isaac. Una sola pecca, ancora nel secondo racconto, è che ci sono voluti circa tre minuti per “trovare uno spazio per accostare”. In un parcheggio vuoto. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il terzo esperimento
Infine, la terza giornalista-sperimentatrice era Yiwen Lu, forse la più titubante dei tre, che ha ammesso chiaramente le proprie paure, avendo anche seguito per il NYT l’intero dibattito sulla regolamentazione dei veicoli autonomi in California. Erano in molti, anche tra gli operatori della Silicon Valley, a pensare che la tecnologia non fosse ancora “matura”. Dopo aver lasciato il parcheggio, l’auto ha preso una strada residenziale vicina invece di andare sulla strada principale, ha raccontato Lu, rimasta poi sbalordita, allorché, tornando sulla strada principale, si è resa conto che c’era stato un incidente: Waymo aveva accuratamente aggirato la scena del sinistro. Peraltro, il veicolo non aveva ricevuto aggiornamenti in tempo reale sugli incidenti, è stato poi rilevato dai rappresentanti Waymo: semplicemente lo ha recepito “attraverso la sua tecnologia di rilevamento della luce”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Precedenti preoccupanti
Tutto bellissimo, pare, peccato che gli operatori sanitari di emergenza abbiano denunciato più di un caso di auto senza conducente che ha interferito con i loro veicoli. Ad esempio, Cruise, un’altra società di auto senza conducente che offre corse a pagamento, ha recentemente dimezzato il proprio parco macchine dopo una violenta collisione con un camion dei Vigili del fuoco di San Francisco. Il timore inquietante è che si riproduca lo stesso entusiasmo che c’era, e incredibilmente c’è ancora, intorno alla mobilità elettrica, laddove più volte abbiamo scritto di fenomeni di autocombustione improvvisa, anche con vittime, di quel tipo di veicoli.
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