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Scordatevi quello che sapete sul Covid: lo studio che potrebbe riscrivere la storia del virus

Pubblicato il 08/05/2021 09:09 - Aggiornato il 08/05/2021 09:42

La mortalità del Covid-19 è davvero quella che ci è stata sottolineata da tg e giornali in questi mesi? O forse siamo stati vittime di esagerazioni da parte del mondo della scienza e della politica? Una domanda alla quale ha cercato di rispondere uno studio condotto in Giappone dal Kobe City Medical Central General Hospital, struttura che ha raccolto mille campioni di sangue di pazienti che hanno fatto visita all’ospedale tra marzo e aprile. Arrivando a conclusioni ben diverse sulla base di un diverso tasso di contagiosità riscontrato da parte del virus.

Stando a quanto emerso dalle analisi, che dovranno essere confermate da ulteriore esami in altre Prefetture del Giappone, il numero di persone realmente infettate dal Covid sarebbe molto, molto più alto rispetto a quello ufficialmente registrato. Con tanti cittadini asintomatici o con sintomi lievi che non sanno nemmeno di essere venuti a contatto con la malattia. Di conseguenza, il reale tasso di mortalità del virus sarebbe molto più basso, addirittura dello 0,01%.

Secondo gli autori della ricerca, il Covid-19 potrebbe essere arrrivato a Kobe, una delle città più cosmopolite del Giappone, già alla fine dell’anno scorso. Una scoperta che potrebbe avere conseguenze non soltanto psicologiche, nel modo di affrontare il virus, ma anche sotto il punto di vista prettamente politico: se la mortalità della malattia fosse così bassa, e la contagiosità più alta, si potrebbero ripensare alcune misure restrittive, allegerite o modificate soprattutto con l’arrivo della bella stagione.

Di fronte ai risultati della ricerca, gli esperti predicano comunque al momento la calma. I test andranno ripetuti per capire se veramente il Covid-19 che ci hanno dipinto finora non corrisponde al reale virus, più facile da trasmettere ma meno pericoloso. Fra qualche settimana potremmo però già saperne di più, con alcuni scienziati che invitano già a ripensare l’approccio alla pandemia alla luce di questa scoperta.

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