di Gianluigi Paragone.
Parto da una storia personale. Sabato sera terminata la cena con gli amici in un ristorante del centro di Varese ci siamo tuffati nello struscio cittadino, in quello che per noi è il salotto buono. La vecchia Varese coi suoi caffè, i suoi bar, i suoi negozi (oggi uguali a quelli di tutte le altre città standardizzate dalle vetrine della grandi marche).
Mentre passeggiavamo tra centinaia di ragazzini – tralascio il dettaglio delle mascherine – e qualche nostro coetaneo, proprio davanti a noi si accendeva una rissa tra due bande di giovani che si fronteggiavano ripetutamente a colpi di cazzotti, calci e cinghiate. Il tutto in mezzo, appunto, a gente per bene sgomenta e spaventata. Dopo aver chiamato la questura e richiamato l’attenzione di una pattuglia dei carabinieri, abbiamo riguadagnato la via di casa dopo esserci accertati che i nostri figli fossero fuori dalle vie del centro. Insomma fuori pericolo.
Sono partito da quel che ho vissuto per chiarire che nessuna città è immune dalle risse, ma soprattutto che il centro si è “periferizzato”. Da qui dunque una serie di considerazioni che mi sembrano fondamentali.
Innanzitutto, la prima domanda cui dobbiamo dare una risposta è: perché tante risse, perché tanti violenti pestaggi? Semplice, perché abbiamo paura di delegare alle forze dell’ordine quella pienezza dei poteri che spetta loro. La sinistra e una certa schiera di giornalisti hanno anestetizzato il ruolo soprattutto di polizia e carabinieri, pensando che tutti fossero mele marce.
Questo ha avuto una conseguenza sotto gli occhi di tutti: il territorio anziché essere controllato dalle forze dell’ordine sta diventando terra di conquista di teppisti criminali, italiani o stranieri, divisi per bande.
Siccome la situazione è intollerabile, domando: avete paura delle nostre forze dell’ordine? Io no e dico chiaramente che voglio il controllo pieno e totale del territorio da parte dei nostri uomini e donne in divisa. Certamente ci sono anche le mele marce (il caso Cucchi è l’emblema più evidente) e per quel che mi riguarda chi indossa una divisa se sbaglia deve pagare più severamente, ma detto questo non accetto alcun dibattito circa la necessità di fornire dispositivi e attrezzature perché i nostri agenti e il nostro personale possano fronteggiare situazioni di risse, tafferugli e disordini. Il mero passaggio effettuato con le volanti non è di per sè sufficiente a scoraggiare i malintenzionati; figuratevi che la centrale piazza del tribunale di Varese è ormai luogo di bivacco notturno con tanto di spaccio (possibile che non ci siano delle telecamere?) Le nostre città vanno controllate con piglio militare e se per scoraggiare queste risse quotidiane bisogna far uso di manganelli e altri dispositivi, è opportuno farlo. Perché se si abdica da questo principio allora i privati avranno tutto lo spazio per replicare con azioni di vendetta. Siccome non voglio questo, allora polizia e carabinieri devono avere la legittima titolarità della repressione attraverso la forza pubblica. (Per quel che mi riguarda vieterei ai social di pubblicare immagini che riguardano azioni con agenti operativi).
Aggiungo che l’ordine pubblico è una delle voci più importanti di uno Stato sovrano, pertanto occorre più personale, più strutture e adeguamento dei compensi soprattutto ai livelli medio bassi. Non solo “basta tagli” ma rilancio: maggiori investimenti sul personale e sulle dotazioni. Così come maggiori investimenti in illuminazione pubblica (basta con questa ipocrita battaglia contro le luci accese di notte! A città buie corrispondono città meno sicure).
Per chiudere due proposte che sto studiando: il ripristino del servizio militare e l’alcol test ai minori. Ne parlerò più diffusamente in altre occasioni, qui mi basta un accenno al fine di anticipare che un rinnovato servizio militare obbligatorio – dal quale esonererei gli studenti in regola con gli esami universitari e coloro con un contratto di lavoro regolare della durata non inferiore a 24 mesi – servirebbe per controllare esclusivamente (niente giornate in ufficio, per intenderci) il territorio con militari addestrati.
Sull’alcol test ai minori invece avremmo non solo la chiusura dei locali che vendono e somministrano bevande alcoliche ai minori (cosa che di fatto non applicano se non raramente) ma anche una responsabilità di questi ultimi: in caso di violazione dell’obbligo di non bere, i ragazzi dovranno superare un quiz sugli effetti dell’alcol sul corpo umano e prestare obbligatoriamente un mese di volontariato presso comunità di anziani o di disabili, pena sospensione della patente del ciclomotore per sei mesi e slittamento di dodici mesi per l’iscrizione all’esame per la patente. Basta tolleranza.