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“Più morti di infarto che di Covid”. Ecco perché sono triplicate le morti per malattie cardiache

Pubblicato il 24/11/2020 12:02

Cardiologi e oncologi lanciano l’allarme. Covid-19? No, tutt’altro. Non sono solo aumentate, ma sono triplicate. Questa è l’ennesima dimostrazione che mette inequivocabilmente in risalto quanto nel corso degli anni il sistema sanitario nazionale sia stato depauperato e adesso tutta l’Italia ne stia pagando le conseguenze. Per cosa? Per il rispetto delle folli regole di austerity imposte da quella meschina gabbia europea a discapito della salute pubblica.

Anni di tagli che hanno fatto a brandelli i nostri ospedali e come se ciò non fosse abbastanza, questo governo, che di cognome va “Promettopoli”, non è riuscito  cambiare di una virgola nonostante il brutale scoppio epidemico, anzi ha continuato a tagliare. Ma se non è una Pandemia a far cambiare musica, quale altra sventura si deve abbattere sull’Italia per far capire alla classe dirigente che bisogna dare una svolta, che bisogna spezzare le catene che ci tengono legati al fallimento? Bisogna ricostruire…

“Questa volta c’era tutto il tempo di prepararsi. Ma in pochi, vedendo quello che sta accadendo negli ospedali italiani, lo hanno fatto. La dotazione delle strutture non sta aumentando. Semplicemente, si stanno recuperando posti per i pazienti con il virus a discapito degli altri”, spiega il direttore dellUnità di Cardiologia interventistica del Policlinico di Catanzaro e presidente della Società Italiana di Cardiologia. 

L’allarme lanciato dalla Federazione di oncologi, cardiologi ed ematologi riguarda proprio questo. Non usano mezze misure, lo dicono chiaramente, quella che era prima una ipotesi sta diventando realtà che interessa diverse città italiane, da Milano a Napoli, passando per Genova: “La scelta di ridurre l’attività delle Utic (unità di terapia intensiva cardiologica) rischia di far registrare più morti per infarto che per Covid nelle prossime settimane”. “Il Covid in questa fase ha la priorità”, scrive la Stampa da cui riprendiamo la notizia, “ma i malati di cuore più gravi spesso non hanno tempo per aspettare”.

 Il punto non si risolve nella mera decisione presa nello stabilire chi abbia la priorità su chi, quale malattia sia peggiore dell’altra, ma è capire e realizzare che gli italiani e soprattutto la loro salute non sono optional di cui occuparsi quando il bilancio e la spending review lo consentono, o pezzi di carta da tagliare a piacimento per accontentare il teatrino europeo, ma sono la regola e la priorità assoluta, la legge indiscutibile che deve venire prima di tutto. 

Non è accettabile che si sia arrivati a tanto, non è accettabile che dalla prima ondata la situazione sia ancora questa. Non è ammissibile, che il sistema sanitario sia carente, che le terapie cardiologiche siano dirottate sui pazienti contagiati lasciando i malati, che necessitano di monitoraggio dei parametri vitali durante le 24 ore, abbandonati e che per questo “la mortalità per infarto sia triplicata nel confronto tra i mesi di marzo del 2020 e del 2019”. 

Tutto questo trova riscontro in unico semplice dato che riprendiamo dal Ministero della salute. Negli ultimi 20 anni, da quando siamo entrati nell’Euro, si conta il 30% di posti letti in meno. Mentre in Italia si registrano 3,2 posti letto per ogni 1.000 abitanti, in Germania 8,3. Il nostro dato risulterebbe carente anche se volessimo essere meno audaci e confrontarlo con la media Ocse che registra 4,7 posti letto ogni mille abitanti. I dati dimostrano chiaramente l’enorme problema che ci trasciniamo dietro da troppo tempo e dimostrano dove risiedono le radici delle carenze. Più chiaro di così…