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Pescatori rapiti, la Marina era lì ma non è intervenuta. I punti oscuri di una vicenda ancora aperta

Pubblicato il 06/11/2020 12:57

Confermata la triste ipotesi: “I pescatori rapiti in Libia potevano essere salvati da una nave da guerra della Marina, ma si scelse di non intervenire”. Ma dalle dichiarazioni, la ricostruzione della vicenda non torna.

I 18 marittimi a bordo dei due pescherecci provenienti dalle acque siciliane di Mazara Del Vallo, sequestrati il 1° settembre, sono ancora oggi nelle mani dei militari del generale Khalifa Haftar.

Una vicenda che perdura da troppo tempo e che lascia affondare nell’angoscia familiari e amici dei rapiti. Vane le loro proteste davanti ai palazzi delle istituzioni, da Montecitorio all’aula del consiglio comunale di Mazara del Vallo, per chiedere al Ministro degli Esteri un rapido intervento per liberare i pescatori.

Nel frattempo, dalla ricostruzione della vicenda emergono incoerenze tra quanto dichiarato dai pescatori e quanto comunicato dalla Marina. I pescatori potevano essere salvati, proprio nel momento in cui sono stati sequestrati. Una delle unità di punta della Marina Militare, il Durand de la Penne, un cacciatorpediniere da 5.400 tonnellate, si trovava lì in quell’esatto momento, ma ha evitato di avvicinarsi.

Intervenire era rischioso: “Un intervento in quelle condizioni avrebbe innescato un processo escalatorio, innalzando la tensione e mettendo a rischio la sicurezza stessa dei pescatori”, si legge sul sito affaritaliani.it. Nel suo comunicato la Marina spiega che “la possibilità di intervento è stata preclusa sia dalla distanza che dalla dinamica dell’evento”. La forza armata scrive che “personale militare libico era già a bordo” dei due pescherecci sequestrati, il Medinea e l’Antartide.

Versione che si discosta da “tutti i racconti riferiti dai pescatori”. La tecnica utilizzata dai libici era diversa: “Un gommone con 3 miliziani armati di kalashnikov si avvicinava ai differenti pescherecci, imponendo di far scendere il comandante sul gommone stesso”.

La cosa certa e innegabile è che a distanza di mesi, i 18 rimangono sequestrati, “ostaggio di una milizia non riconosciuta legalmente, ma il cui leader di fatto controlla la Cirenaica e intrattiene continui rapporti politici con il Governo italiano, tanto da essere stato ricevuto più volte a Palazzo Chigi”.