Continuano le proteste nell’Italia del Green pass obbligatorio, ricatto di Stato imposto dal governo Draghi per costringere gli italiani a vaccinarsi. E che mette a rischio, ora, persino il diritto al lavoro: dal 15 ottobre, infatti, senza il certificato non sarà più possibile nemmeno esercitare la propria professione, con tanto di rinuncia forzata allo stipendio. Un colpo durissimo alla democrazia, tra gli applausi di quasi tutte le forze politiche. Non certo di Italexit, con il fondatore Gianluigi Paragone che ha già annunciato di voler protestare contro le imposizioni dell’esecutivo.
“Non intendo mostrare il Green pass per accedere al Senato – ha infatti spiegato Paragone in vista dell’entrata in vigore dell’obbligo di Green pass – prima di tutto perché il certificato per me va abolito e questo vale anche per il Senato. In più perché è contrario alla Costituzione. Un passaggio evidentemente sconosciuto agli esponenti del governo Draghi”.
Una protesta istituzionale netta, dunque, contro il vincolo di presentare il certificato verde al momento dell’ingresso in Aula e nelle sedi collegate: “Nessuno mi può impedire di entrare, dovranno chiamare le forze dell’ordine” ha anticipato Paragone, solidale in queste ore con i lavoratori del porto di Trieste che hanno annunciato uno sciopero contro l’obbligo di esibire il Green pass, chiedendo piuttosto l’introduzione di tamponi gratis per tutti.
In Parlamento, l’obbligo di Green pass è valido non soltanto per deputati e senatori, ma anche per i dipendenti, per i giornalisti e per tutti i visitatori esterni. Le delibere dei rispettivi collegi prevedono multe salate per i trasgressori, con tanto di “taglio della diaria” per i parlamentari. Paragone, però, non si fa spaventare dalle minacce: “Ho già rinunciato tante volte per campagna elettorale…”.
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