Analisi e citazioni di Lorenzo Borrè.
“In verità, non si può discutere né di guerra, né di identità sessuale, né di futuro della specie umana se non si hanno chiare le implicazioni di ciò che la “ideologia dominante” presenta puramente e semplicemente come un fatto evolutivo della specie umana che, attraverso le conquiste della tecnoscienza, avrebbe oramai conquistato totalmente il controllo degli esseri viventi, fino a determinare le stesse condizioni di una nuova specie, sottratta alle tradizionali remore e limitazioni della cosiddetta coscienza morale.
A mio parere, c’è un nesso profondo, non ancora chiarito, tra le tecnoscienze, la divulgazione trionfante della vulgata scientista e l’idea di una nuova organizzazione sociale in cui il “capitalismo delle reti” è fondato sui flussi informatici e sulla capacità della loro organizzazione per produrre nuove forme di ricchezza. La trasformazione informatica della vita planetaria degli esseri umani corrisponde ad un mutamento dell’etica tradizionale.
Sono convinto, infatti, che una nuova élite nazionale ed internazionale si stia candidando ad assumere un ruolo egemonico rispetto ai grandi processi di trasformazione in atto. Gli elementi di questa egemonia sono principalmente costituiti da una visione dell’essere umano come espressione di aspettative di soddisfazione dei propri bisogni che, però, sono affidati ad una sorta di “diritto illimitato” all’accesso delle possibilità pratiche offerte dal nuovo mondo delle tecnoscienze: scegliere la propria identità sessuale, scegliere liberamente il proprio partner al di là di ogni differenza, scegliere di stare in connessione attraverso la rete con chiunque possa costituire l’interfaccia del proprio avatar, scegliere di abitare in qualsiasi luogo della terra secondo le circostanze, scegliere di esprimersi con qualsiasi mezzo per poter dare spazio alle proprie pulsioni e ai propri desideri.
Un’idea dunque di libertà illimitata che corrisponde alla promessa dell’illimitata produzione di ricchezza che l’apparato tecnoscientifico sembra assicurare oltre i limiti naturali del pianeta: un “apparato” di giudici che garantiscano queste libertà e i correlativi diritti nei confronti di tutti i poteri che pretendono di limitarne l’esercizio; una sorta di società anarchica del godimento fine a se stesso; l’esaltazione dei movimenti spontanei che si formano nella società come pura pressione di bisogni pulsionale ostacolati da condizioni pratiche residuate dai vecchi modelli organizzativi; in prospettiva anche l’assicurazione di un reddito di esistenza che attenui fino a non farle avvertire le enormi disuguaglianze di potere; un sistema politico flessibile e cangiante, orientato dalla sondaggistica e da eventuali referendum di appoggio; una democrazia delle libertà individuali che può continuamente convocare assemblee digitali per definire orientamenti su singoli problemi; intellettuali di nuovo tipo, ispirati alla cultura delle tecnoscienze, legati essenzialmente al sistema mediatico; centralità dei diritti individuali e del sistema giurisdizionale come istanza di composizione transitoria dei conflitti che possono insorgere per l’uso delle risorse comuni.
Le questioni della bioetica, delle riforme della giustizia e del sistema istituzionale, sono in realtà il vero terreno di scontro fra la nuova cultura della “modernizzazione” occidentale e la resistenza “umanistica” delle tradizioni etiche ispirate dalla visione dell’essere umano come libero e consapevole. Nella prospettiva che ho cercato di disegnare, infatti, è evidente che le materie della bioetica – a partire dal riconoscimento dell’assoluta libertà di gestire individualmente il problema della vita e della morte -, non sono affatto riducibili al conflitto fra laici e cattolici, ma spaccano in due il confronto su una questione antropologica che di per sé si sottrae al monopolio esclusivo del mondo religioso e a quello laicista della modernizzazione tecnoscientifica”. Pietro Barcellona, 2011