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“Paga il pizzo o salti in aria”. Ma Condorelli, il re dei torroncini, denuncia e fa arrestare 40 mafiosi

Pubblicato il 05/05/2021 09:12

Ha fatto arrestare 40 mafiosi nel catanese, tutti parte di una stessa organizzazione con la quale si era trovato, purtroppo per lui, a che fare. Con tanto di minacce, pesanti, per convincerlo a pagare il pizzo, a obbedire senza fare troppe storie. Lui, l’imprenditore siciliano Giuseppe Condorelli, non si è però piegato. Ha trovato la forza di resistere, di dire “no”, di denunciare. E così oggi il re dei torroncini è diventato un eroe, un modello al quale guardare con orgoglio per ricordarci che esiste un’Italia bella, forte, della quale i giornali parlano troppo poco e troppo raramente.

Non è stato facile, per Condorelli, resistere alle pressioni. L’imprenditore ha raccontato alle pagine del Corriere della Sere di aver ricevuto anche minacce molto pesanti da parte di alcuni imprenditori, che volevano battere la concorrenza sleale e riscuotere il pizzo in quella che consideravano “la loro zona”. “Mettiti a posto o salti in aria” è stato il messaggio più inquietante fatto recapitare alla sua azienda: “Mi chiamò di notte una domenica di marzo il guardiano spaventato davanti a quel ‘pizzino’. Ne parlai con mia moglie Serena e andai subito dai carabinieri”.

“Mai un dubbio per me e mia moglie – ha spiegato Condorelli – Noi vogliamo solo fare vivere i nostri due figli di 14 e 15 anni in una terra senza mafia, senza soprusi. Il primo assalto risale al 1998, quando ancora c’era la lira e, rispondendo al telefono, mi sentii chiedere 100 milioni in contanti. Abbiamo subito tanti altri tentativi di estorsione, anche quando mio padre era vivo. Tutto sempre immediatamente denunciato alle forze dell’ordine. Lo dissi a mio padre: vado dai carabinieri. E lui: Ti accompagno”.

“Per un mese restammo in casa aspettando le altre chiamate, fingendo di trattare, finché li arrestarono in una cabina telefonica appena fuori paese. Ormai ci sono le condizioni per stare dalla parte della legalità, come mi ha insegnato a fare mio padre. Allora forse c’era qualche incertezza. Oggi non ci sono più alibi. Ogni volta che ci siamo rivolti ai carabinieri della vicina Paternò o al comando provinciale dell’Arma l’impegno attorno a noi è apparso subito concreto e visibile. E scatta la mano dello Stato”.

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