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“Non hanno commesso reato gli esercenti che si sono rifiutati di chiudere durante il lockdown”. La clamorosa sentenza

Pubblicato il 18/03/2022 12:29

di Avv. Erika Sottocasa

La suprema Corte di Cassazione ha stabilito che non hanno commesso il reato di “inosservanza dei provvedimenti delle autorità”, sancito dall’art. 650 del codice penale, i titolari degli esercenti che, durante la pandemia, si sono rifiutati di chiudere. 

Così si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione, a seguito del ricorso che era stato presentato dalla titolare di una torteria di Chivasso, alle porte di Torino, contro il verbale di sequestro di chiusura di 5 giorni posto in essere dai Carabinieri in data 27.01.2021. 
Più precisamente, nel caso di specie, la Cassazione ha dichiarato illegittimo il sequestro preventivo del locale, annullando quindi senza rinvio il verbale sopra menzionato. 
Tale decisione è estremamente importante in quanto sottolinea l’illegittimità del decreto emesso dal Governo il 25.02.2020.

Secondo la Suprema Corte, infatti, il fatto sopra descritto non è previsto dalla legge come reato con riferimento all’art. 650 c.p. che recita testualmente: “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206.” 

Il motivo per cui è stato quindi annullato il provvedimento di sequestro si basa sul fatto che, mentre con il primo decreto del 27.02.2020, che riguardava le misure del contenimento del Covid, la condotta di non chiudere gli esercizi commerciali comportava una violazione del codice penale, con il decreto emanato, dal Governo, successivamente, in data 25.03.2020, tali condotte venivano depenalizzate.
Infatti, per tali comportamenti, era prevista sola la sanzione amministrativa che consisteva in una multa ed eventualmente nella chiusura dell’attività commerciale fino a 30 giorni. 
Preme inoltre sottolineare come, in base ad un orientamento costante della Suprema Corte, la violazione dell’art. 650 c.p. e quindi, la commissione del reato in essa prevista, si possa ritenere commessa solo se relativo a situazioni che non siano previste da una norma specifica.
Tale norma specifica, per quanto riguarda il Covid, dopo i decreti emessi nel 2020 sussisteva e prevedeva SOLO una sanzione amministrativa e non una sanzione penale. 

Ancora una volta la sentenza in oggetto prova, incontrovertibilmente, l’illegittimità di tutti i decreti ministeriali emessi durante la pandemia in quanto, per legge, la privazione della libertà personale e/o le limitazioni delle libertà, possono essere poste in essere soltanto quando il fatto costituisca reato e sia quindi già disciplinato e regolamentato dalla legge.