«Avevo paura di dire ai miei genitori che ero incinta. Temevo la loro reazione. Sono disperata». Questa la dichiarazione rilasciata agli inquirenti dalla 17enne di Trapani che ha gettato dal balcone il corpo del bambino che aveva appena partorito.
Tra le recenti notizie di cronaca che colpiscono drammaticamente, troviamo quelle che riguardano questi gesti estremi. A Ragusa, solo il giorno prima, un altro neonato era stato abbandonato in via Saragat dentro un sacchetto dell’immondizia (per fortuna trovato sano e salvo da un passante). Stessa sorte per il bambino di meno di quattro mesi di Verona, lasciato sotto la pioggia battente la notte tra il 15 e il 16 ottobre e portato in salvo da due agenti delle Volanti della Questura.
Diamo voce al progetto “Ninna ho”, primo e vero progetto nazionale contro l’abbandono neonatale e l’infanticidio che nasce in Italia nel 2008 da un’idea della Fondazione Francesca Rava e del Network KPMG e che riceve il Patrocinio del Ministero della Salute, della Società Italiana di Neonatologia (SIN) e della Società Italiana di Pediatria (SIP).
Mariavittoria Rava, Presidente della Fondazione spiega: “La mission del progetto è quella di diffondere la vigente Normativa italiana (DPR 396/2000) che consente alle future mamme italiane o straniere in grave difficoltà di poter partorire in anonimato e sicurezza, per la propria salute e per quella del nascituro, presso tutte le strutture ospedaliere pubbliche. Tutti gli ospedali pubblici danno questo diritto, anche alle donne senza documenti”.
La Presidente aggiunge: “I fatti di cronaca di questi giorni non sono altro che la punta di un iceberg di una situazione di profondo disagio che molte donne vivono a causa dell’emarginazione sociale e della povertà educativa. Episodi che sono il frutto della difficoltà di accedere a quei servizi che in Italia esistono per tutte, straniere comprese, ma che spesso non si conoscono”.
Stando ai dati riferiti dall’Osservatorio Nazionale SIN, “la maggior parte di loro sono straniere (63%); mentre nel 48,2% dei casi hanno un’età compresa tra i 18 e i 30 anni”.
“I piccoli a volte sono frutto di abusi e maltrattamenti, di prostituzione e situazioni difficili dove magari le donne vorrebbero tenere il proprio bambino ma hanno paura o sono obbligate a non farlo”, sottolinea Rava. Grazie al progetto Ninna oh, “le mamme, impossibilitate a tenere il proprio bambino, possono lasciarlo nelle culle posizionate in luoghi facilmente raggiungibili e defilati di alcuni ospedali, sicure che il personale medico si prenderà cura dei piccoli (si appoggia il bambino e scatta un sensore che avverte il medico dell’ospedale vicino). Dall’inizio del progetto, i bambini affidati alle culle termiche “Ninna ho” sono stati 6.
Tra le strutture che hanno ricevuto in dono le culle vi sono: il Policlinico Federico II di Napoli, l’Ospedale del Ponte di Varese, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, l’Azienda Ospedaliera di Padova e l’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze. Mentre l’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e il Policlinico Casilino di Roma sono già dotati di culla termica.