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Mascherine Fca, dopo aver speso già 237 milioni ecco quanto dovremo pagare per smaltirle

Pubblicato il 24/03/2022 09:39

A metà del 2020, in piena emergenza Covid, Fca (ex Fiat) aveva deciso di lanciarsi nella produzione di mascherine. Erano giorni difficili, con gli italiani chiusi in casa a chiedersi cosa stesse davvero succedendo e il mondo della scienza confuso, diviso sul da farsi. L’azienda che fabbrica automobili aveva così scelto di convertire due stabilimenti e iniziare a sfornare dispositivi di protezione per il viso, in gran parte destinati alle scuole. Nemmeno il tempo di consegnarli, però, e subito era esplosa la protesta. Oggi, al danno si è aggiunta anche la proverbiale beffa.

Come raccontato da Dario Martini sulle pagine del Tempo, le mascherine Fca erano state criticate da insegnanti e genitori perché “troppo grandi, simili a pannoloni”. Da Report a Striscia la Notizia, diverse inchieste giornalistiche avevano poi evidenziato come quei dispositivi non fornissero in realtà nemmeno un’adeguata protezione contro il virus. Un fallimento su tutta la linea, insomma. Con il contratto, stipulato con la struttura commissariale di Domenico Arcuri, rimasto però in vigore, come nulla fosse.

Nel 2021, il fallimento si era poi fatto totale: il ministero della Salute e quello dell’Istruzione si erano trovati a dover scrivere alle scuole chiedendo di lasciare due lotti di quelle mascherine all’interno delle confezioni, senza nemmeno scartarle, perché non a norma. Ora, finita l’emergenza e con Fca che nel frattempo ha incassato 237 milioni di euro, l’azienda ha deciso di uscire dal business: sarà però la struttura commissariale, a sue spese e quindi con soldi pubblici, a dover trasferire i macchinari per la produzione che si trovano allo stabilimento di Mirafiori.

Lo Stato si troverà così a sborsare la bellezza di 296.600 euro tra commessa, trasporto, assicurazione e scarico dei macchinari. Si tratta, nello specifico, di 25 linee di produzione di proprietà pubblica e che l’allora commissario Arcuri aveva dato in comodato d’uso all’azienda torinese, che avrebbe potuto riscattarle a fine contratto ma ha scelto di non farlo. Così i macchinari saranno ora trasferiti all’ex caserma dell’aernoautica militare di Gallarate, a Varese. In caso contrario, la struttura commissariale avrebbe dovuto pagare 39 mila euro al mese di canone di locazione.

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