Il problema c’è da troppo ormai e c’è chi alle mancanze della gabbia europea, anticipa rispondendo con i fatti. La Fancia non perde tempo o meglio non lo perde aspettando l’Europa.
Quante volte guardando i dati che mostravano la inaccettabile differenza di pressione fiscale tra i big del web e le Pmi siamo inorriditi? L’Ufficio studi della Cgia di Mestre aveva chiaramente evidenziato che “se le pmi versano il 59,1% dei profitti, le multinazionali del web presenti in Italia, o meglio le controllate di questi giganti economici ubicate nel nostro Paese, registrano un tax rate del 33,1 per cento”. Il confronto, ha precisato il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo, si basa su “dati desunti da fonti diverse” e il dato italiano proviene “dal rapporto Doing business della Banca mondiale riferito al 2018”.
Zabeo ha in conclusione dichiarato: “È comunque verosimile ritenere che sulle piccole imprese il carico fiscale sia quasi doppio rispetto a quello che grava sui giganti tecnologici presenti in Italia: un’ingiustizia che grida vendetta”.
Secondo quanto riportato dal Financial Times, il governo transalpino “ha cominciato a notificare comunicazioni ai colossi del Big Tech, come Facebook e Amazon, per riscuotere la tassa del 3% sulle vendite digitali”. Una decisione che era già stata presa lo scorso anno dal presidente Emmanuel Macron e che però, inseguito a un’intesa tra Washington e Parigi dello scorso gennaio, era stata rinviata portando la Francia alla rinuncia della riscossione nel 2020.
“La Francia ha deciso di andare dritta per la sua strada e, vista la mancanza di progressi sul piano internzionale, vuole procedere con la riscossione della propria digital tax già da questo dicembre”, si legge tra le righe di MF. Il che significa che la misura porterà a un gettito fiscale stimato fino a mezzo miliardo di euro per il 2020. Con il 2021 la cifra raggiunta si aggirerà invece intorno ai 400 milioni. Inoltre Milano Finanza informa che la svolta della “Digital tax arriva a pochi giorni dall’annuncio di un altro provvedimento varato per combattere un altro strapotere della digital economy: Google”.
Va ricordato che la tassazione dei Big, di cui il governo Promettopoli dovrebbe occuparsi, si affianca a un altro inamissibile meccanismo e cioè quello dell’ ‘evasione fiscale legalizzata’ che interessa i paradisi fiscali esistenti all’interno dell’Unione europea. Grandi player italiani, come Fca, che da anni hanno trasferito la sede legale e fiscale all’estero.
Così facendo le Piccole e medie imprese italiane navigano in un mare in tempesta dove da una parte si ritrovano la concorrenza sleale ‘in casa’ per mano delle multinazionali del web che sono meno tartassate e alle quali devono adeguare le proprie politiche commerciali e dall’altra la concorrenza proveniente dall’estero che raccoglie tutte quelle imprese più competitive perchè magari più libere dal gravame delle imposte. Un giochetto fiscale -sleale- che viene mantenuto dal teatrino europeo e su cui il governo non è capace di dettare regola e che, guarda caso, va sempre a vantaggio dei pochi a cui ‘piace vincere facile’.