L’ennesima dimostrazione di come l’Unione Europea sia sempre più lontana dai cittadini, abbandonati a loro stessi e anzi messi in difficoltà da regole comunitarie che sembrano pensate appositamente per ostacolarne l’attività, è arrivata in queste ore sul fronte carni. Con la Commissione Europea a fare e il Parlamento Europeo a disfare, scatenando la rabbia di tanti lavoratori italiani. Oggetto del contendere, una serie di emendamenti al regolamento per i prodotti alimentari del 2014, proposti per fare chiarezza e mettere fine ad alcune pericolose storture.
La Commissione aveva così proposto, tra le modifiche, una inerente la terminologia: le parole “Bistecca, Hamburger, Burger, Scaloppina, Salciccia” avrebbero dovuto essere utilizzate, nelle intenzioni dei firmatari della proposta, soltanto per indicare prodotti a base di carne. In questo modo si sarebbe offerta da un lato un’informazione più completa al consumatore, più facilmente in grado di capire il tipo di prodotto contenuto nella confezione, e dall’altro si sarebbe andati finalmente incontro alla filiera agricola dei produttori, tutelati di fronte alla concorrenza sleale.
Una norma che avrebbe messo fine a fenomeni come la “Bistecca più bistecca”, espressione dietro la quale il cliente si trovava spesso a fare i conti, una volta ultimato l’acquisto, con insaporitori chimici e la totale assenza di carne. E che però si scontrava con alcuni ostacoli. Su tutti, i forti investimenti della grande industria alimentare sul settore delle carni a base vegetale, che costituiscono oggi enormi margini di profitto e rientrano nel piano di trasformazione in chiave green dell’Europa. Alla fine, dunque, la proposta della Commissione è naufragata.
Tante le proteste dei produttori di carne italiana, che si sono scagliati contro le nuove regole. Sarà possibile, quindi, trovare sugli scaffali la “carne non carne”: bocciata la proposta di impedire la declinazione in versione vegetale dei nomi dei diversi prodotti da macellazione. Una decisione che, secondo i rappresentanti di categoria, “è l’ennesimo tappeto rosso steso di fronte alle multinazionali, attirate come squali da un settore, quello dei prodotti vegani, che vale oggi 4,6 miliardi di dollari, il 39% dei quali fatturati in Europa, con stime di crescita fino a 6 miliardi”.
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