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Le mani di alcuni politici siciliani sulle Camere di Commercio. Che stavolta si ribellano giustamente

Pubblicato il 11/07/2021 18:33 - Aggiornato il 11/07/2021 20:33

La levata di scudi è stata immediata, imponente e soprattutto trasversale. Una vera e propria insurrezione bipartisan, quella contro l’emendamento al decreto “Sostegni bis”, che di fatto scioglie la Camera di Commercio del Sud-Est sganciando gli enti di Siracusa e Ragusa da Catania e accorpandoli forzatamente a quelli delle province di Caltanissetta, Agrigento e Trapani.

Una sollevazione che in queste ore vede coinvolti non solo i territori, il mondo produttivo e quello imprenditoriale ma anche una parte –non certo marginale- della politica nazionale, dove non mancano per altro pesanti contraddizioni.
Ma non è tanto la politica ad aver compreso l’assurdità di una decisione che rischia di vanificare i risultati e l’opera incessante di risanamento e crescita che la “Camera del Sud-Est” in questi 6 anni di attività:i infatti a stretto giro è arrivata anche la presa di posizione di Confindustria Sicilia, che si scaglia con forza contro l’emendamento e contro un’operazione che- al di là della non sostenibilità giuridica ed economica della quale ci sarà molto da dire e da scrivere in seguito- scavalca e prevarica le istanze dei territori e del mondo imprenditoriale e produttivo, senza alcuna visione di insieme: “Le camere di commercio” affermano dall’associazione degli industriali siciliani  “sono espressione del mondo imprenditoriale, per il quale rappresentano  reale punto di riferimento e di propulsione per uno sviluppo armonico con le vocazioni dei territori. Si esprime grande preoccupazione per una scelta che potrà avere ricadute pesanti sulla vita delle imprese, ma che si è deciso di prendere nelle stanze chiuse della politica. Facciamo appello affinché si avvii immediatamente una fase di reale e leale confronto per arrivare a una soluzione condivisa e utile per il sistema delle imprese”.

Argomento ripreso con -se possibile- ancora più forza anche da Confcommercio Sicilia, che definisce la decisione di accorpare artatamente enti camerali di province distanti non solo geograficamente ma anche di diversa e variegata vocazione imprenditoriale e produttiva come una “scelta improvvida della politica”.
“Una decisione insostenibile oltre che impossibile, nella pratica, da attuare, considerata la vastità del territorio siciliano” spiega il presidente regionale Gianluca Manenti “ma, soprattutto, che rischia di creare difficoltà non da poco alle imprese oltre che bloccare ogni velleità di sviluppo in una fase, tra l’altro, molto complicata per l’economia isolana. E’ la decisione di una politica miope che, con la nomina di commissari ad acta prevista a breve, frappone un evidente ostacolo alle legittime aspettative dell’imprenditoria dei vari territori siciliani che dalle Camere di commercio si attendevano una mano d’aiuto e non certo la creazione di ulteriori ostacoli. Le nostre imprese, oggi, in un periodo così delicato, non meritano tutto questo”.

Il dibattito, come si può ben intuire, è davvero infuocato: e in questo clima belligerante si inserisce anche il commissario straordinario dell’ente camerale nisseno, Giovanna Candura, che non esita definire “scellerata” la decisione, e a preannunciare battaglia sin dal prossimo martedì, quando a Palermo ci sarà una riunione con Unioncamere (pronta a contrastare l’emendamento) per bloccare il piano.

Tutta la Sicilia produttiva e imprenditoriale appare quindi unita nello scagliarsi contro una scelta che di fatto crea aggregazioni illogiche, distanti per vocazione imprenditoriale e produttiva, e soprattutto non in grado di sopravvivere sul piano finanziario: e sarà proprio su questo ultimo aspetto che, verosimilmente, verteranno le prossime battaglie. Anche perché i dati contabili delle Camere di Commercio siciliane interessate rappresentano chiaramente una situazione di dissesto finanziario: non limitato o dettato da aspetti congiunturali, ma bensì consolidatosi nel lungo periodo e caratterizzato da una eccedenza di spesa che non consente il normale svolgimento delle funzioni istituzionali.
Le conseguenze, non solo per il territorio del Sud-Est ma per gran parte della Sicilia potrebbero essere gravissime.