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Le magie dell’Europa: ai frugali più benefici, a noi il privilegio di indebitarci ancora

Pubblicato il 21/07/2020 10:24 - Aggiornato il 21/07/2020 10:34

Ma alla fine l’Italia può davvero esultare per l’accordo raggiunto in sede di Consiglio Europeo, dopo giorni di trattative serrate, accuse e tensioni? Il governo giallorosso ha subito fatto ricorso al vocabolario delle serate migliori, quello che prevede l’utilizzo di aggettivi roboanti e slogan di facile presa. Ma la realtà, a guardar bene, è un filino diversa da quella descritta da Conte & co. In totale i soldi destinati all’Italia sono 209 miliardi di euro destinati, dei quali 81,4 come trasferimenti diretti di bilancio e 127 come prestiti. Meno soldi di quanto lo stesso esecutivo inizialmente sperava, in realtà. E che arriveranno con estrema calma, non prima del 2021. Non proprio lo strumento invocato da aziende e lavoratori che di una mano avrebbero bisogno ora, subito.

Le magie dell'Europa: ai frugali più benefici, a noi il privilegio di indebitarci ancora

Altre considerazioni da fare: i Paesi frugali, che Conte ora racconta di aver piegato a una logica di buonsenso e di solidarietà, hanno spuntato un riequilibrio che prevede complessivamente più prestiti a fronte del taglio degli aiuti a fondo perduto. Scomparso, dal piano negoziale, il Solvency Support Instrument da 26 miliardi di euro che era stato pensato per salvare le imprese strategiche in difficoltà a causa della pandemia. Ma gli interventi voluti dal blocco del Nord hanno penalizzato anche i fondi che avrebbero dovuto potenziare il programma di ricerca HorizonEurope (da 13,5 a 5 miliardi) e InvestEu, che dovrebbe servire a incrementare i finanziamenti su crescita e occupazione e che avrà un sostegno ridotto da 30,3 miliardi a 2,1. Il tutto mentre i famigerati “rebates”, invece, restano invariati per la gioia degli stessi frugali.

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Cosa sono di preciso questi “rebates” è presto detto: il frutto del processo di restituzione a un Paese membro di parte dei fondi versati al bilancio comunitario in seguito a un accordo bilaterale tra questo e Bruxelles. Uno privilegio del quale aveva beneficiato per primo il Regno Unito con Margaret Thatcher e che poi era stato esteso anche a quegli stessi Paesi che oggi chiamiamo frugali: Austria, Svezia, Danimarca e Olanda. In occasione del bilancio comunitario 2000-2006, questi quattro Stati avevano per esempio ottenuto uno sconto di tre quarti dei loro contributi, legato principalmente all’abbattimento dallo 0,3% allo 0,15% del loro contributo Iva. Per molti analisti, uno strumento anacronistico ed eccessivamente vantaggioso. Che però i diretti interessati sono riusciti a difendere.

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Olanda e compagnia vedranno addirittura aumentare i propri benefici: la Danimarca riceverà 322 milioni l’anno a fronte dei precedenti 197, la Svezia 1,06 miliardi (erano 798 milioni), l’Austria 565 (da 237) e l’Olanda 1,9 miliardi da 1,5. L’Italia, da par suo, continuerà a versare i suoi bei miliardi annui per godere a sua volta di un altro privilegio: quello di indebitarsi. I prestiti rappresentano infatti sempre e comunque un debito nei confronti della Commissione Ue, mentre i trasferimenti a fondo perduto andranno gestiti rispondendo comunque agli altri Stati membri: non ci sarà un vero e proprio “diritto di veto” ma quasi. Curioso, infine, un dettaglio: i soldi che arriveranno in prestito con il Recovery Fund sono più o meno quelli che l’Italia avrebbe ottenuto facendo ricorso al Mes. Per i quali, però, non avremmo avuto gli occhi dei vicini (Olanda in primis) incollati, pronti a dire “stop” qualora la gestione non dovesse essere di loro gradimento. Alla fine, insomma, Conte è riuscito in un’impresa non da poco: rendere il tanto sbandierato Recovery Fund peggiore del demonizzato Mes. Non era affatto semplice.

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