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Così Francia e Germania usano l’Europa per uccidere l’agroalimentare italiano

Pubblicato il 03/12/2020 13:14

Sta per arrivare l’ennesima spallata da parte dell’Europa all’Italia. Stavolta è il tema dell’agroalimentare, settore per noi assai strategico. Germania e Francia infatti premono per adottare in fretta il Nutriscore, ma Federalimentare denuncia che questa scelta “può costarci fino al 50% del nostro export”. Un altro, l’ennesimo, motivo per lasciare al più presto l’eurogabbia e procedere con l’Italexit. La Germania, presidente di turno dell’Unione europea fino alla fine dell’anno, vuole infatti sfruttare questo ultimo mese per cambiare l’agenda della Ue e spingere la Commissione ad accorciare i tempi e a preferire l’etichetta a semaforo anziché quella a batteria proposta dall’Italia, il cosiddetto Nutriscore, che tiene conto della quantità e non solo della percentuale assoluta di grassi, sali e zuccheri contenuti in un alimento. Che cosa comporterebbe questa scelta?

A spiegare tutto Micaela Cappellini su Il Sole 24 Ore: “Tutto si giocherà nella seduta del Coreper di domani e, soprattutto, al Consiglio dell’Agricoltura del 15 di dicembre, da cui dovrebbero uscire gli indirizzi di cui la Commissione dovrà tenere conto nel corso del 2021”. Ivano Vacondio, il presidente di Federalimentare, l’associazione che riunisce le aziende della seconda manifattura del Paese, questa volta è più preoccupato del solito: “Dobbiamo fermare l’asse franco-tedesco, che sta cercando di accelerare l’adozione in Europa del Nutriscore, l’etichetta a semaforo che attribuisce il bollino rosso a molte delle eccellenze del Made in Italy, dal Parmigiano all’olio extravergione di oliva”.

Spiega Vacondio: “Francia e Germania hanno dichiarato una vera e propria guerra al Made in Italy che niente ha a che fare con la salute dei consumatori, perché si tratta di una guerra commerciale – denuncia senza mezzi termini Vacondio – l’Italia all’estero vende tanti prodotti ad alto valore aggiunto, sui quali cioè i produttori riescono a staccare un ampio margine di guadagno. Chi nel mondo compra made in Italy alimentare lo fa perché vuole un prodotto premium, proprio come succede per la moda. I nostri consumatori stranieri non badano al prezzo, ma è chiaro che un bollino rosso può finire con il dissuaderli dall’acquisto, perché la salute è un tema di cui si tiene conto trasversalmente, in maniera indipendente dal portafoglio”.

Ecco perché il Nutriscore a semaforo non può passare: “Perché mette a rischio il nostro export. E lo fa in un momento, poi, in cui la domanda interna non aumenta e le uniche possibilità di crescita per il comparto alimentare arrivano dai mercati internazionali. Sui prodotti di eccellenza, le etichette a semaforo possano arrivare a costarci anche il 50% dell’export”. Le intenzioni della Germania di fare presto e forzare la mano erano già apparse chiare ai primi di novembre. “Questa accelerazione – racconta Vacondio – è voluta soprattutto dalla grande distribuzione, sia quella tedesca sia quella francese, che hanno tutto l’interesse a vendere i prodotti con l’etichetta a semaforo perché loro stessi ne producono molti a marchio proprio”.

“Ora è essenziale che i nostri rappresentanti di governo non accettino nessun compromesso al ribasso – chiede Vacondio – per esempio, quello di dire di sì al Nutriscore in cambio dell’offerta di escludere le Dop e le Igp dall’etichetta a semaforo. Sarebbe l’errore più grosso che possiamo fare: Dop e Igp rappresentano solo il 20% del nostro export. Così facendo, finiremmo per lasciare senza tu-tela l’8o% dei nostri prodotti”.

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