x

x

Vai al contenuto

La Ue vuole l’economia di guerra, l’invio di nuove armi a Kiev spinge il mondo verso il baratro

Pubblicato il 20/02/2023 13:30 - Aggiornato il 20/02/2023 14:40

Non era difficile da immaginare. La scelta di privilegiare l’invio di armi ai negoziati di pace per risolvere la situazione in Ucraina sta provocando una catena di eventi internazionali sempre più drammatica. La prima conseguenza dell’atteggiamento occidentale, anche questa prevedibile, sembra essere l’avvicinamento fra Russia e Cina. Come denuncia Washington, il regime di Pechino, in maniera più o meno diretta, fornisce appoggio logistico a Mosca. E secondo il Wall Street Journal si prepara a inviare armi alla Russia. Sembra incredibile che gli Usa e l’Unione Europea non abbiano ritenuto di muoversi con maggiore prudenza. L’alleanza russo-cinese rappresenta un pericolo enorme per il futuro del mondo.

Il conflitto rischia di espandersi a tutto il globo, e la strana questione dei palloni spia e degli oggetti non identificati abbattuti fra Usa, Canada e la stessa Cina sembra rappresentare una specie di avvertimento in questo senso. Nonostante ciò, le notizie che giungono da Bruxelles non sono improntate a una maggiore prudenza o perlomeno a una pausa di riflessione. Al contrario, l’Europa prepara un vertice straordinario per decidere di produrre nuove armi da inviare a Kiev. Portavoce di questa svolta è l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell, che sprona i Paesi europei a “passare dalle parole ai fatti”. (continua dopo la foto)

E’ una questione che coinvolge direttamente l’industria europea della difesa, visto anche il parziale fallimento dell’operazione Leopard 2 per l’invio di carri armati all’Ucraina. Alcuni Paesi si sono defilati, altri hanno inviato armamenti obsoleti e in piccola quantità. La Svizzera, uno dei principali produttori di armi, rifiuta di venderle per non tradire la propria posizione di neutralità. La soluzione, secondo Borrell, è quella di produrre nuovo materiale bellico, a partire dalle munizioni. E sarà questo il tema del Consiglio dei Ministri di Bruxelles previsto per oggi. Il presidente francese Macron ha parlato apertamente di “economia di guerra”, mentre la Von der Leyen, con un parallelismo a dir poco infelice, ha detto che “credo sia arrivato il momento di aumentare la produzione: dobbiamo fare come durante la pandemia”. Il riferimento è ai discussi contratti stipulati con le case farmaceutiche per l’acquisto dei sieri contro il Covid. (continua dopo la foto)

Anche il ministro degli Esteri Tajani si è dichiarato d’accordo con questa linea, affermando fra l’altro che “anche quando la questione riguarda la competizione fra le nostre imprese, dobbiamo prendere decisioni a livello europeo e non nazionale”. Insomma, anziché riflettere sugli errori commessi e cercare una soluzione pacifica sembra che ci troviamo in piena ubriacatura militare. Una posizione che oltretutto stride con i continui richiami a nuove politiche di austerity che si abbattono sull’economia reale e sui popoli. I soldi che non si trovano per il Welfare improvvisamente spuntano per l’acquisto e la produzione di armi. E mentre a Bruxelles giocano alla guerra, il mondo si trova sempre più vicino a un conflitto globale che avrebbe proporzioni catastrofiche.