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La politica fa le nomine. Noi giudichiamo il loro operato. Il resto è… traffico inutile

Pubblicato il 21/08/2024 10:13

C’è un tipo di traffico che piace molto ai pm perché è in grado di paralizzare la politica, di bloccare i palazzi, di sconquassare giunte e governi. Si tratta del famigerato traffico di influenze, reato che ormai è una “arma” – absit iniuria verbis – nelle mani delle procure. Per i magistrati è facile smarcarsi dalle polemiche: applicano le leggi che il parlamento infila nei codici. Dunque, di che parliamo? Ecco, parliamo proprio di come la politica non riesca più a uscire dagli specchi distorti e deformi che riempiono i palazzi del potere; di come il potere abbia perso consistenza reale.


Arianna Meloni ha tutto il diritto di concretizzare il suo potere di dirigente di Fratelli d’Italia perché – al netto della evidente parentela – costei è parte della storia originaria di quel che oggi è il primo partito d’Italia. Ha tutto il diritto di trattare le nomine, di guidare le cabine di regia perché non è una sorella che spunta dal nulla ma atterra dopo anni di volo sottotraccia (ma non per questo clandestino). Il tema di fondo non è dunque se la sorella può fare le nomine oppure no, ma se i dirigenti politici sono ancora titolari del potere di nomina oppure no.


Se il dibattito si esaurisce nella sola (sacrosanta) questione di rivedere il reato in questione e quelli simili con cui le procure smontano le democrazie, allora non ci siamo. Qui la vicenda è molto più complessa e riguarda il peso reale della politica e di chi ne è classe dirigente: questa maggioranza pensa di avere la maturità e la forza per avviare in parlamento una discussione con l’opposizione sul ripristino dell’immunità parlamentare per giocarsela alla pari con i magistrati, i quali non pagano per gli errori commessi?


Io penso di no. Mi spiego. Attualizzare il tema dell’immunità significa aver superato lo schema dove si vince e si perde capitalizzando le disgrazie altri; significa avere una postura politica per cui si è giudicati sulla base di quale segno profondo si lascia nella società. Siamo ancora lontani da questa postura: la società (che infatti si allontana dalla partecipazione) pensa che la politica viva in una condizione di privilegio e di distacco dalle vicende più quotidiane. Se un politico sale imprudentemente su uno yacht perché lo facevano anche quelli di prima, proprio per quel gesto egli è già diventato colpevole anche se non ha commesso reati: un politico deve avere rispetto per le sue sedi istituzionali. Se Arianna Meloni fa le nomine a me va benissimo perché non è una abusiva; ma poi dovrà rispondere di come l’azienda interessata alle “sue” nomine soddisfi i cittadini più degli investitori. Eni, Enel, Trenitalia, Poste non possono trattare i cittadini come fossero sudditi da spennare senza mai dare una spiegazione (altro che customer care…) dei disservizi. La Rai? È davvero peggiorata e se i vertici sono in quota FdI mi spiace per loro. E qui mi fermo.