di Andrea Perillo.
La giustizia, afflitta dai cronici problemi di lentezza e farraginosità, necessita di pochi, mirati, interventi che consentano uno sblocco dei tempi processuali e una miglior aderenza delle decisioni al vivere di tutti i giorni, così da evitare quello strappo tra cittadini e magistrati che spesso è indice di un conflitto interno al Paese e di una distanza tra popolo e istituzioni.
Mai come in questo momento storico abbiamo assistito alla debolezza della macchina giudiziaria la cui unica funzione è di garantire pari dignità a tutti i cittadini di fronte alla legge.
La Corte Costituzionale ha ritenuto ammissibili cinque referendum in materia di giustizia e ha escluso quello sulla responsabilità dei magistrati; quindi i cittadini saranno chiamati al voto tra pochi mesi.
In materia giudiziaria sicuramente uno dei più importanti è quello che riguarda la Separazione carriere dei magistrati; argomento divisivo fin dagli anni Novanta.
I promotori del referendum propongono l’impossibilità per i magistrati di passare, durante la loro carriera dal ruolo di Pubblico Ministero a quello di Giudice.
Non si può non essere d’accordo e questo perché troppo spesso la confusione dei ruoli non garantisce il diritto di difesa, non solo degli imputati ma anche delle vittime dei reati.
Il nostro sistema prevede che avvocato e pubblico ministero stiano nel dibattimento sullo stesso piano e allora è ovvio che non è più ammissibile che dal ruolo di PM si possa passare a quello di Giudice.
Altro referendum è quello che riguarda le Elezioni del Consiglio Superiore della Magistratura.
Con questo referendum si cerca di arginare il famoso fenomeno delle correnti in magistratura, correnti che sono estremamente politicizzate.
Oggi è previsto che il magistrato che vuole candidarsi al CSM debba avere tra le 25 e le 50 firme di colleghi che lo appoggiamo; i sostenitori del referendum vogliono abrogare questa norma.
Anche qui possiamo essere d’accordo in linea di massima, direi, quasi meglio questo di niente!
Il punto è che è un dato di fatto che troppo spesso abbiamo visto casi di magistrati legati al sistema politico e questo è un problema che va risolto a monte.
La vera riforma sarebbe quella di rivedere radicalmente i sistemi di accesso alla Magistratura.
E’ opportuno inserire l’obbligo di controlli psico attitudinali sui giudici, di qualsiasi natura e specie, Pm o Giudici che siano, ogni cinque anni; è inammissibile che dopo aver vinto un concorso si possa arrivare all’età pensionabile senza che la propria attitudine e la propria capacità non sia mai esaminata; occorrerebbe quindi anche l’obbligo di inserire test sulla preparazione specifica dei magistrati in corso del rapporto di lavoro che, si ricorda, viene svolto al servizio del popolo italiano.
Questo è un punto fondamentale, i giudici sono troppo distanti dai cittadini, e questa non è tanto una critica diretta a loro ma al sistema che lo consente, il processo, soprattutto quello civile, è diventato un passaggio di carte tra le parti che i giudici leggono solo alla fine della causa, senza mai aver avuto modo di parlare con le parti.
Il punto focale è che bisognerebbe capire e avere il coraggio di fare una riforma che superi il “carrierismo automatico” dei magistrati e ridare forza alle giurie, far tornare la giustizia nelle mani del popolo rendendo i magistrati dei meri direttori d’orchestra del processo.
Sembra fanta diritto ma del resto è sotto gli occhi di tutti il fatto che la giustizia non stia funzionando: anche il nuovo “ufficio del processo” da poco introdotto non serve a molto.
È un sistema folle nel quale un giudice, in genere non togato e quindi non di ruolo, istruisce il processo civile, sente i testimoni e le parti, acquisisce documenti, e poi non fa la sentenza che invece viene scritta dal giudice di ruolo che non ha mai visto le parti e i loro avvocati.
Infine, la Corte non ha ritenuto ammissibile il referendum sulla Responsabilità civile diretta dei magistrati: questo era teso ad introdurre la responsabilità civile diretta dei magistrati per gli errori giudiziari.
Attualmente in caso di errore giudiziario lo Stato decide di risarcisce il cittadino che abbia subito un danno a causa dell’errore di un giudice; il referendum prevedeva un sistema nel quale la responsabilità sia diretta.
Con il sistema attuale lo Stato dopo aver eventualmente risarcito un cittadino dovrebbe poi rivalersi nei confronti del magistrato ma quasi mai lo fa.
Probabilmente se lo facesse non avremmo bisogno di un referendum, invece, come al solito qualcosa si ferma nella macchina burocratica, per mille motivi.
Non è più possibile che chi ricopre ruoli chiave non sia chiamato a rispondere in caso di errore; lo so che sembra togliere indipendenza ai giudici ma la realtà ormai è un’altra, i cittadini vogliono vedere e sapere che tutti sono uguali davanti alla legge, anche i magistrati.
Quindi su questo punto non si può concordare con le scelte della Corte che sembrano essere solo l’ennesima difesa di una casta.
Anche perché il vero punto sarebbe stato quello di arrivare a creare un sistema dove gli errori dei magistrati siano non solo risarcibili ma anche punibili dal punto di vista disciplinare e della carriera.
Infine, non è possibile non dire nulla sulla conferenza stampa del Presidente della Corte, Giuliano Amato: personalmente ho provato un senso di fastidio vedere un giudice che di fatto fa il politico e dopo aver emanato dei provvedimenti rilascia delle dichiarazioni.
È una cosa che fa capire tutto, soprattutto che il Presidente della Corte non è consapevole del suo ruolo.
Un Giudice non fa conferenze stampa per spiegare o peggio giustificare i provvedimenti, scrive sentenze e basta!
La giustizia è un settore chiave, quella chiave che fa accendere il motore economico e sociale di un paese, qualcuno deve avere il coraggio di girarla.