x

x

Vai al contenuto

Il flop dei centri per l’impiego: costano tanto (1,5 miliardi) e servono a poco

Pubblicato il 03/07/2020 14:15

Ancora non è chiaro che di fronte lo tsunami di tutti i posti di lavoro che perderemo, l’Italia è gravosamente disarmata. I centri per l’impiego erano e sono un flop che costa 1,5 miliardi. I dati del primo e unico monitoraggio sui centri per l’impiego, fatto da Anpal, l’agenzia … dicono che nel 2018 su 2 milioni di lavoratori presi in carico dai centri, solo 37mila avevano trovato lavoro. Dato che non è migliore rispetto a qanto oggi fanno i navigator, le nuove figure professionali aventi l’obiettivo di inserire nel mercato del lavoro i percettori del Reddito di Cittadinanza.

Nonostante la riforma delle politiche attive del lavoro abbia messo in circolo maggiori risorse per rinforzare i 552 centri per l’impiego presenti sul territorio nazionale, “il piano straordinario di rafforzamento” promosso dal ministro del lavoro di allora, Luigi Di Maio, non ha portato alcun cambiamento. La situazione è rimasta stagnata nella sua condizione.

Eppure per l’Italia la somma di denaro è notevole. La spesa pubblica è di 1,5 miliardi, oltre un miliardo per gli investimenti strutturali dei centri e mezzo miliardo all’anno per assumere 11.600 nuovi addetti a tempo indeterminato. Nel conto rientrano anche gli 8.000 già presenti e i 2.850 navigator.

Un bel passo avanti rispetto al 2018 quando l’Italia spendeva appena 382 milioni – contro i 14,6 miliardi della Germania, i 5 della Francia e 1,8 della Spagna, che non è servito a nulla se non a sperperare risorse.

“Le risorse ci sono, ma la riforma non funziona”. Il problema è che il ministro Luigi Di Maio, riferisce Repubblica, aveva lasciato nel buio le Regioni nella spesa del miliardo, dimenticando (?) di dare riferimenti su come spendere i soldi. Come sarebbe oltretutto stato possibile monitorare una spesa così ingente senza fornire un quadro nazionale e senza pretendere un piano territorile in armonia con quel quadro?

Questo governo si palesa sempre più come il governo delle promesse e dell’incapacità. Anche laddove vi sono le buone intenzioni, l’incapacità non consente di raggiungere risultati apprezzabili. Il governo, oltre al difetto di aver tradito la parola data sulla maggior parte dei punti – basti pensare al movimento e a ciò che si era proposto – e ad essere succube delle regole imposte dall’Unione europea, è inconcludente e incapace.