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I magnifici cinque dell’austerità: ecco chi vuole frenare gli aiuti dall’Europa

Pubblicato il 18/05/2020 15:50

I magnifici cinque a difesa del rigore europeo. O meglio quattro più uno, considerando che al fronte dei falchi abituale, quello composto da Olanda, Danimarca, Svezia e Finlandia, si è unita recentemente anche l’Austria. Tutti uniti da una sola parola d’ordine “rigore”, intorno alla quale rischia di frantumarsi l’Unione in un momento di crisi senza precedenti. Poco importa, alle orecchie di chi ha come diktat la vigilanza costante sui conti pubblici, soprattutto quelli degli altri, e non è disposto a transigere per nessun motivo al mondo.

I magnifici cinque dell'austerità: ecco chi vuole frenare gli aiuti dall'Europa

La più battagliera di tutte resta l’Olanda, che continua a spostare altrove l’attenzione soprattutto quando finisce nel mirino per essersi trasformata in una sorta di paradiso fiscale per le aziende che arrivano da oltre confine. Dopo essersi battuta per l’inserimento del Mes nelle misure da adottare, ora lotta per inserire principi di responsabilità di bilancio nel Recovery Fund di cui tanto si parla ma che non ha ancora preso vita (e chi sa se lo farà mai). L’Ue, stando alle parole della von der Leyen, aveva inizialmente puntato su una mobilitazione da oltre 1000 miliardi di euro. Un accordo contro il quale, però, continuano a remare i rigoristi.

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All’indebolimento sistematico delle manovre in fase di studio a Bruxelles per aiutare gli Stati in crisi si aggiunge, poi, un’altra mossa. Secondo il Corriere della Sera, infatti, i falchi “sono intenti a ridurre il celebrato programma di garanzie per 200 miliardi della Banca europea degli investimenti in un piano che in realtà ne vale appena cinque, in un’economia da 13 mila miliardi: esigono che le garanzie effettive della Bei (di fatto per 25 miliardi su 200 di investimenti) non possano essere intaccati che in minima parte”. Il tutto, bene ricordarlo, dopo aver rifiutato a priori, senza possibilità di trattativa, gli eurobond.

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Il problema, non da poco, è che i cinque Paesi in questione fanno, tutti uniti, un decimo della popolazione europea e un sesto del Pil dell’Unione. Ovvio, dunque, che godano di un forte potere di condizionamento sulle politiche comuni. La loro richiesta sul fondo di coesione è che non superi i 250 miliardi di euro, quota che secondo Italia, Francia, Spagna dovrebbe essere piuttosto destinata ai soli trasferimenti a fondo perduto. Ridotta anche la portata del fondo InvestEu, da 250 a 50 miliardi di euro. Il motivo di fondo? Limitare, anche in tempo di emergenza sanitaria, i pericoli per i rispettivi export, vero cuore delle economie dei rigoristi. Da difendere anche a costo di rischiare la rottura dell’Ue.

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