Il Tar del Lazio infligge l’ennesimo, durissimo colpo al Green pass e alle strategie di contrasto della pandemia del governo italiano, sentenziando: “Non si può privare dello stipendio gli agenti penitenziari non vaccinati”. Il presidente della Quinta sezione Leonardo Spagnoletti ha infatti emesso tre decreti cautelari con i quali è stata sospesa l’efficacia del provvedimento governativo che aveva privato della retribuzione alcuni dipendenti del ministero della Giustizia che continuavano a rifiutare la somministrazione dei farmaci anti-Covid.
Come spiegato da Sarina Biraghi sulle pagine della Verità, Spagnoletti ha evidenziato come i ricorsi prospettino “in sostanza profili di illegittimità costituzionale della normativa concernente l’obbligo, per determinate categorie di personale in regime d’impiego di diritto pubblico, di certificazione vaccinale ai fini dell’ammissione allo svolgimento della prestazione lavorativa”. Aggiungendo inoltre che la privazione dello stipendio crei un “pregiudizio grave e irreparabile”.
Il vaccino, dunque, sarà anche importante, ma privare una persona che lo rifiuta dello stipendio costituisce una grave sproporzione. Una decisione che ora potrebbe trasformarsi in vero e proprio spartiacque, aprendo una finestra importante per tutti i lavoratori del mondo pubblico che si trovano a loro volta a dover scegliere tra lo stipendio e l’obbligo di vaccinazione imposto dal governo. Settori, come la scuola, nei quali non viene nemmeno riconosciuto un assegno alimentare a chi non si sottomette ai diktat della politica.
Marcello Pacifico, presidente Anief, ha ricordato come sia stato fissata per il 16 marzo “la data di discussione della questione di legittimità costituzionale dello stesso obbligo vaccinale per un dipendente escluso dalla frequenza dell’azienda sanitaria. Inoltre c’è anche la Corte di Giustizia europea che dovrà decidere sulla compatibilità dell’obbligo vaccinale con il diritto comunitario per il personale sanitario italiano sollevato dal tribunale del lavoro di Padova”.
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