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“Dovevo demolire il ponte Morandi, ma poi…”. L’ennesimo schiaffo alle famiglie delle vittime: da non credere

Pubblicato il 18/05/2023 15:43 - Aggiornato il 23/05/2023 08:20

Di mestiere fa l’esplosivista, tanto da essersi guadagnato il soprannome di mister Dinamite. Anche se lui preferisce definirsi “bombarolo etico, un esplosivista al servizio delle opere civili”. Lui, Danilo Coppe, è l’uomo che ha fatto brillare i monconi del viadotto Polcevera rimasto in piedi nel giugno 2019. Ma soprattutto la persona incaricata da Spea, società gemella dell’Aspi targata Benetton, di far crollare il Ponte Morandi già nel 2003, molto prima di quel drammatico agosto 2018 in cui la struttura venne giù di colpo, causando la morte di 43 persone. Questo è quanto emerso durante il processo per la tragedia: una notizia, l’ennesima, che lascia l’amaro in bocca e fa rimontare la rabbia per un incidente che poteva e doveva essere evitato. (Continua a leggere dopo la foto)
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Come riportato da Repubblica, durante il processo Coppe ha spiegato: “Allora mi contattarono da Spea per sapere fattibilità e costi della demolizione di Ponte Morandi. Dicevano che la manutenzione costava troppo, intorno a 1,8-2 milioni di euro (un dato non confermato dalle indagini, ndr), e ne sarebbe stato costruito uno più a monte, verso Bolzaneto”. (Continua a leggere dopo la foto)

“Non so se si riferissero alla Gronda, ma dopo la mia relazione – ha proseguito Coppe non mi fecero sapere più nulla. Il prezzo del mio lavoro si sarebbe aggirato intorno al milione di euro”. E ancora: “Il titolare dell’azienda Siag […] ha spiegato di aver compiuto un lungo sopralluogo sul posto, per capire tutto quel che c’era sotto il ponte”. (Continua a leggere dopo la foto)

danilo coppe ponte morandi

“Fui una Cassandra – ha concluso Coppe – perché dissi che o si cambiava mentalità o non si sarebbe mai fatto nulla, sarebbe bastata una qualsiasi associazione ‘nido del cuculo’ per mettersi di traverso e bloccare i lavori”. […]

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