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Crisi dello spettacolo, sparisce un altro pezzo della cultura italiana

Pubblicato il 14/09/2020 18:21

Nonostante sia un gioiello, simbolo della storia, della cultura e dell’arte italiana, il Salone Margherita di Roma non sopravviverà. I controllori di Banca d’Italia, proprietaria dell’immobile, lo mettono in vendita e adesso il rischio che si corre è di vederlo finire nelle mani di un qualche istituto di credito che in meno di due click lo cederà a una multinazionale straniera. Questo quanto ipotizza Andrea Cionci in un articolo che compare su Libero Quotidiano. In sostanza accadrà “esattamente quanto è successo per l’antico cinema Etoile, di Piazza S. Lorenzo in Lucina, oggi  boutique di un marchio francese”.

Non bastava più il “ponderoso affitto,versato regolarmente alla Banca d’Italia”. Uno dei più celebri templi dell’arte, presenti nel territorio nazionale, deve scomparire. E non importa nemmeno che il Salone “dava lavoro a oltre cento persone”, accogliendo e offrendo un servizio culturale di intrattenimento sei giorni su sette, per un totale di 320 serate annue. 

A colorare il prestigioso palco del teatro: concerti lirici, opera, varietà, satira. Al teatro sono associate figure dal calibro importante come le impareggiabili imitazioni di Oreste Lionello e Leo Gullotta negli spettacoli di Pingitore, artisti del calibro di Petrolini, Aldo Fabrizi, Totò, Lina Cavalieri, la bella Otero, e perfino Filippo Tommaso Marinetti con le sue folli serate futuriste.

Non sono servite a nulla nemmeno le migliaia di firme raccolte nella la petizione del 2018 al ministro della Cultura, di allora e di adesso, Lorenzo Franceschini. Inascoltate anche le parole di Vittorio Sgarbi: “L’interesse che dimostrano le multinazionali straniere verso questi immobili storici deve ancor più spingere l’Amministrazione a una loro rivalutazione morale, spirituale e culturale”.

Insomma, la vendita del salone a un acquirente straniero sarebbe l’ennesimo episodio dei grandi pezzi della storia italiana messi in vendita a prezzo di saldo. Dov’è il governo che invece dovrebbe essere mecenate e protettore dei nostri tesori culturali?