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“Così fregavano gli automobilisti”. I big del petrolio beccati da Guardia di Finanza e Antitrust

Pubblicato il 17/01/2023 09:26 - Aggiornato il 18/01/2023 07:50

Lo sciopero si farà. E contestualmente l’Antitrust punta il faro contro i big del petrolio. Sono queste le due fotografie della crisi dei carburanti che sta facendo infuriare benzinai e cittadini. La Guardia di Finanza ha infatti segnalato le “furbate” di oltre mille stazioni di servizio all’Autorità Antitrust, garante dei consumatori. Di conseguenza, l’Antitrust ha messo sotto accusa i giganti del petrolio – Eni, Esso, Italiana Petroli, Kuwait e Tamoil – per la mancata vigilanza sui possibili abusi ai distributori. In questo clima, i benzinai – delle sigle sindacali Fegica e Figisc Confcommercio – confermano lo sciopero del 25 e 26 gennaio, indispettiti dall’iniziativa dell’Antitrust. Ma da cosa è nato tutto? Ci si è accorti che al distributore, sul classico tabellone dei prezzi, l’automobilista leggeva una cifra, per benzina e diesel, poi però, al momento di pagare, tirava fuori più soldi del dovuto. I più ignari pagavano e basta, senza farci caso. Perché – e questo è un altro accertamento delle forze dell’ordine – molti distributori neanche esponevano i prezzi, come invece era tenuto a fare legge e per trasparenza. (Continua a leggere dopo la foto)

Dal canto loro, ora i benzinai chiedono che il Parlamento – al momento di convertire il dl in legge – corregga il “decreto Trasparenza”. Ma non si deve fare di tutta l’erba un fascio. Alle pompe di benzina, certo, non tutto ha funzionato come doveva. Ma va specificato che sono la maggior parte i gestori onesti. Il faro è puntato solo su questi mille che hanno ingannato i loro clienti. Innanzitutto perché erano tenuti a segnalare i loro prezzi non solo su strada ma anche sul portale pubblico “Osservaprezzi Carburanti”, che permette agli automobilisti che devono ad esempio affrontare un lungo viaggio in autostrada di individuare e quindi scegliere i distributori per loro più convenienti. Secondo poi, i finanzieri – dopo essersi presentati in centinaia di stazioni di servizio in borghese – facendo il pieno hanno accertato che il prezzo pagato era ben più alto di quello esposto nei cartelloni ingannatori. In alcuni casi, le fotografie scattate dalla Guardia di Finanza hanno dimostrato che i prezzi non erano neanche esposti. (Continua a leggere dopo la foto)

Le tre principali furbate sotto inchiesta sono riconducibili a distributori con i marchi “Eni 376, Esso 40, Ip 383, Kuwait 175, Tamoil 48. Stazioni di rifornimento ben distribuite su tutto il suolo italiano. Alle luce di questi indizi, l’Autorità Antitrust muove delle formali contestazioni ai big del petrolio Eni, Esso, Ip, Kuwait Petroleum Italia e Tamoil. Non avrebbero “prevenuto o contrastato le condotte illecite a danno dei consumatori”. Roberto Di Vincenzo, rappresentante dei benzinai e presidente della Fegica, bolla questa situazione come “ridicola”. E spiega a Repubblica: “Il governo ha riconosciuto la correttezza della stragrande maggioranza delle stazioni di servizio. Ma, nello stesso tempo, scatena finanzieri e Antitrust nella caccia all’abuso”. (Continua a leggere dopo la foto)

Bruno Bearzi, presidente della Figisc, dice invece – sempre a Repubblica – che l’esposizione del prezzo medio regionale rischia di confondere gli automobilisti. E sarebbero “sproporzionate” le sanzioni a danno delle stazioni di servizio che non rispettano i nuovi obblighi di trasparenza. Una multa da 6 mila euro, il benzinaio la ripaga a patto di vendere “180 mila litri di benzina, pari a 6 autobotti”. Anche la madre di tutte le ammende – la sospensione dell’attività fino a 90 giorni – “è inaccettabile”. Per questi motivi, nell’incontro al ministero delle Imprese i sindacati dei benzinai reclameranno la riscrittura del decreto. O sarà sciopero.

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