Giuseppe Conte ci ha provato di nuovo ed è stato fregato un’altra volta. Questo non perché la politica sia brutta e cattiva, ma perché si deve saperla fare. E lui non ha la benché minima idea da dove si parta. E così, pensando di far cadere il governo, si ritrova all’angolo. A sabotare il “geniale” piano del premier pandemico è stato lo stesso Capo dello Stato, Sergio Mattarella, con la mossa di respingere le dimissioni di Draghi, rinviandolo mercoledì alle Camere. Come scrive il solito pungente Dagospia, “mercoledì Mariopio farà il suo bel discorso, metterà in chiaro i punti del suo programma che dovrà tenere a bada le riforme del Pnrr, l’inflazione, le risorse energetiche, etc, e poi darà la parola ai partiti. E qui, casca il primo asino: Salvini”. (Continua a leggere dopo la foto)

Salvini, infatti, non potrà più nascondersi dietro ‘Al voto!’ (che gli permetterebbe di compilare lui le liste elettorali riempiendole di suoi amici) “perché basterà che apra bocca Berlusconi, fermo perché Draghi non lasci Palazzo Chigi, per tornare subito a cuccia”. Il secondo asino? Conte. Perché? “Conte, non essendo un parlamentare, dovrà mandare qualcuno in aula a spiegare perché la supercazzola sull’inceneritore di Roma è di tale gravità da far cadere un governo alle prese con supercazzi di ogni tipo e lunghezza”. (Continua a leggere dopo la foto)

Non è da escludere, vista la tempra da semolino di Conte, che il M5s possa ritornare sui suoi passi perduti. Dopodiché, potrebbe spuntare dal cappello a cilindro di Mattarella, il Draghi-bis, formato da una maggioranza alternativa, non troppo sbilanciata a destra: e qui entra in ballo il neo partito di Di Maio”. (Continua a leggere dopo la foto)

Ultimo tassello? “In queste ore gli ex nemici Letta e Renzi stanno lavorando appunto per un Draghi-bis con una maggioranza diversa. In alternativa, il Colle, contrarissimo al voto anticipato, potrebbe ricorrere alle due più alte autorità dello Stato: il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato o al presidente del Consiglio di Stato Franco Frattini. A questo punto, comunque vada, salutame la crisi…”.
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