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Conflitto d’interessi, metà governo non rispetta la legge

Pubblicato il 28/09/2020 11:18

Le leggi, sulla carta, sarebbero uguali per tutti. Eppure non siamo chiamati a rispettarle allo stesso modo. Per avere certezza di questo triste malcostume, basta guardare l’operato del governo giallorosso, protagonista di una clamorosa impresa: sbandierare il proprio impegno per la stesura di una nuova legge sul conflitto di interessi, più dura, salvo poi non rispettare quella attualmente in vigore. Un dato clamoroso emerso dalla relazione semestrale dell’autorità Antitrust (Agcm) inviata alle due Camere. Secondo i dati raccolti, ben 134 famigliari dei 68 ministri in carica si sono rifiutati di inviare all’autorità le proprie dichiarazioni patrimoniali, dovute per legge.

Conflitto d'interessi, metà governo non rispetta la legge

L’Agcm non ha diffuso i nomi dei nuclei famigliari che hanno deciso di violare la legge “nonostante ripetuti solleciti”, proteggendo la loro privacy. Ma i numeri sono comunque clamorosi e lasciano spazio a interrogativi inquietanti: perché il 44% dei parenti di onorevoli ha preferito sfidare la legge pur di tenere segreto il proprio patrimonio? Cosa hanno da nascondere agli occhi dello Stato? Domande che sorgono spontanee proprio mentre il reggente 5 Stelle Vito Crimi annuncia una nuova, ben più severa legge proprio sul conflitto d’interesse. La coerenza, d’altronde, non fa più parte da tempo delle linee guida dell’esecutivo giallorosso.

Conflitto d'interessi, metà governo non rispetta la legge

Delle leggi che imponevano trasparenza ai parlamentari, tra l’altro, non restano ormai che poche tracce, smontate quasi in toto col passare degli anni. L’obbligo di pubblicazione online dei redditi, per esempio, è andato a cadere. Rimarrebbe, bene usare il condizionale a questo punto, quello nei confronti dell’Antitrust, al quale non ci si dovrebbe poter sottrarre. E invece, tra il dire e il fare, c’è di mezzo un oceano di silenzi.

Conflitto d'interessi, metà governo non rispetta la legge

La ratio della norma è quella di evitare che un onorevole possa nascondere eventuali conflitti che lo riguardano da vicino intestando le quote di una società, per esempio, alla moglie, ai figli, a un fratello o una sorella. Per questo l’Antitrust avrebbe bisogno di quei dati, utili a evitare che situazioni del genere possano restare nell’ombra. Evidentemente, però, la trasparenza non è un obbligo. Almeno, non per tutti.

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