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Cibo buttato e zero clienti: il lockdown di Pasqua costa ai ristoratori 1,7 miliardi

Pubblicato il 02/04/2021 12:09

Proteste feroci, da Bologna a Bari, con i ristoratori inferociti a scandire cori contro il ministro della Salute Roberto Speranza e contro un governo Draghi che, come e più del precedente Conte bis, non trova soluzione diverse al chiudere in casa i cittadini. Non riuscendo poi ad aiutarli in maniera incisiva, lasciando che migliaia e migliaia di imprenditori a ogni latitudine finiscano in ginocchio. Senza nemmeno badarci troppo. Scene simili a quelle di queste ore, con il traffico in tilt in alcune città e in diverse tratte autostradali a causa delle proteste, si rincorrono ormai da settimane. Pochi giorni fa era stata Firenze a rimanere paralizzata di fronte alla marcia di chi, ormai esasperato, si ribellava all’ennesima stretta.

Cibo buttato e zero clienti: il lockdown di Pasqua costa ai ristoratori 1,7 miliardi

Paolo Bianchini, ristoratore viterbese e presidente del Movimento imprese ospitalità (Mio) aderente a Federturismo di Confindustria, ha annunciato una protesta a Roma per il prossimo 6 aprile, con gli operatori del settore pronti a invadere Piazza di Spagna: “Saremo in piazza noi del Mio, i colleghi del movimento Io Apro, quelli della Rete delle Partite Iva, l’Apit Italia e Pin. Uniti da tre richieste: le dimissioni di Speranza, l’immediata riapertura e il blocco delle tasse”.

Tra chi scenderà in piazza a Pasqua c’è anche lo chef Erminio Alajmo, che alle pagine di Libero Quotidiano ha spiegato: “Siamo stufi, noi ristoratori vogliamo tornare a lavorare”. Anche perché il prezzo delle chiusure, l’unica arma messa in campo dalla politica da un anno a questa parte per contrastare il Covid, è sempre più alto. Con le chiusure pasquali andranno in fumo almeno 2 miliardi, con la Coldiretti che ha presentato stime ancora più drammatiche: “La quantità di cibi e vini invenduti dall’inizio della pandemia salirà a 1,1 milioni di tonnellate, si mettono a rischio estinzione oltre 5 mila prodotti tipici italiani, che non hanno più sbocco sul mercato”.

Tra i paradossi dell’assurda gestione di questa crisi, c’è anche lo stato di difficoltà di agricoltura e agroalimentare, che dovrebbero fare da traino alla ripresa e si trovano invece a fare i conti con il blocco della manodopera straniera. Mancano all’appello almeno 200 mila addetti per i raccolti, con conseguenze terribili per tutto il settore. Al governo, però, tutto sommato non pare importare poi molto.

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