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“Cavi corrosi” e parti incollate “con il Vinavil”. Ma loro: “Sti ca…”. Le intercettazioni sul crollo Morandi

Pubblicato il 12/11/2020 10:53

Il cuore dell’inchiesta Morandi è il crollo del Ponte Morandi che ha portato alla morte 43 persone e che coinvolge nelle indagini 72 indagati. Spuntano fuori una serie di intercettazioni che colpiscono atrocemente la dignità di tutti gli italiani.

Il punto principale su cui la magistratura sta cercando di fare luce sono le manutenzioni. Sono state messe in atto “gravi condotte criminose legate a una politica imprenditoriale volta alla massimazione dei profitti e alla riduzione delle spese, a scapito della salute pubblica”, sottolineano i magistrati.

Tra queste intercettazioni, vi sono i messaggi Whatsapp che si sono scambiati Michele Donferri Mitelli, ex responsabile delle manutenzioni di Autostrade per l’Italia (Aspi), e Paolo Berti, ex direttore centrale operativo, ora entrambi agli arresti domiciliari.

“I cavi del Morandi sono corrosi”, scriveva Donferri il 25 giugno 2018. Vale a dire un mese e mezzo prima del crollo. Berti, che gli aveva chiesto di iniettare dell’aria nei cavi del viadotto Polcevera per risolvere il problema dell’umidità, gli rispose: “Sti cazzi, io me ne vado”. Gli inquirenti hanno interpretato l’esclamazione di Berti “come un’esclamazione di disinteresse e non di stupore”.

Gatta ci cova. Berti “nei giorni successivi al crollo del viadotto, ha cancellato la conversazione che evidenziava elementi di prova sulla colpevolezza dei problemi dei cavi degli stralli del Polcevera”, scrive la gip Paola Faggioni. Tentativo che non è servito, in quanto “il messaggio è stato ritrovato nel telefonino di Donferri”. “Hanno cercato di depistare le indagini”, dichiara il procuratore Francesco Cozzi.

Non solo cavi corrosi… “La resina delle barriere è difettosa e totalmente inefficace”, in quel punto é “incollato con il Vinavil”, afferma uno degli indagati.

“Il vero problema è che le manutenzioni le abbiamo fatte in calare, più passava il tempo e meno facevamo… così distribuivamo più utili e Gilberto e tutta la famiglia erano contenti”, dichiarazione intercettata e che riprende la voce di Gianni Mion, storico manager dei Benetton, oggi attuale amministratore delegato di Edizione Holding. La conversazione al telefono, risalente al 2 febbrario di questo anno, coinvolge anche Giorgio Brunetti, ex amministratore di alcune società del gruppo Benetton.

“Si erano innamorati di ‘sta roba senza sapere i rischi”, viene dichiarato nella telefonata. “Castellucci allora diceva ‘facciamo noi’ e Gilberto eccitato perchè lui guadagnava e suo fratello di più”.

Ma Gilberto Benetton? Il giudice scrive che in una telefonata di gennaio, Mion sostiene che “Castellucci stia cercando di seminare il concetto secondo Gilberto e il cda di Atlantia sono a conoscenza delle omesse manutenizoni”.

Siamo in Italia, dove le conoscenze sono strumentalizzate ai fini personali. L’uscita dal gruppo Atlantia dell’ ad non gli ha impedito di “influenzare dinamiche societarie e di trovare ruoli di vertice in altre rilevanti compagnie, come Alitalia”, si legge sul Corriere.

E per fortuna che la Magistratura è arrivata prima della politica, perchè se avessimo dovuto aspettare la politica, costruita con i ‘forse la revoca alle concessioni’ e le palesi prese in giro, come le ultime che vedono coinvolti i commissari alla Sanità calabrese, allora nessuno avrebbe mai pagato nulla per la caduta di quel ponte, nulla sarebbe cambiato.