Cifra record nella storia dei processi contabil: ipotizzato un danno erariale di 3,9 miliardi. La Cassazione accoglie il ricorso del Pg della Corte dei Conti contro l’archiviazione del caso per “difetto di giurisdizione” e riapre così il caso dei derivati di Stato.
Tornano a giudizio davanti ai magistrati contabili, per la vicenda della stipulazione di contratti in prodotti finanziari derivati ad alto rischio con la banca Morgan Stanley, gli ex ministri dell’Economia Vittorio Grilli e Domenico Siniscalco, e gli ex vertici del Mef Maria Cannata, ex dirigente del debito pubblico, e l’ex dg del Tesoro Vincenzo La Via. Esclusa invece la banca americana.

La decisione ribalta le scelte assunte dalla stessa Corte dei Conti che aveva stabilito di non poter procedere a un’accusa rivolta a una strategia di gestione giudicata “perfettamente legittima e sempre approvata dai vertici governativi”.
Stando alla ricostruzione dell’accusa, a provocare un danno alle casse dello Stato sarebbero state le clausole di estinzione anticipata scattate tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, grazie a un contratto sbilanciato a favore della banca che in questo modo avrebbe avuto poteri decisionali sulla gestione del debito. Le clausole produssero una spesa da 3,1 miliardi, finanziata con nuovi titoli che con i loro interessi hanno fatto salire il valore del danno a 3,9 miliardi.

La Corte Suprema sottopone all’attenzione dei magistrati contabili, non le scelte governative, ma “le modalità operative” per capire se c’è stata “mala gestio”. Di seguito la dichiarazione rilasciata dalla Cassazione: ”Ferma restando l’insindacabilità giurisdizionale delle scelte di gestione del debito pubblico, da parte degli organi governativi a ciò preposti, mediante ricorso a contratti in strumenti finanziari derivati, rientra invece nella giurisdizione contabile, in quanto attinente al vaglio dei parametri di legittimità e non di mera opportunità o convenienza dell’agire amministrativo, l’azione di responsabilità per danno erariale con la quale si faccia valere, quale petitum sostanziale, la mala gestio alla quale i dirigenti del Ministero del Tesoro (oggi Mef) avrebbero dato corso, in concreto, nell’adozione di determinate modalità operative e nella pattuizione di specifiche condizioni negoziali relative a particolari contratti in tali strumenti”.