Due tramisisoni televisive fanno scoppiare il caso Calabria. Una dopo l’altra le nomine saltano come popcorn nella padella bollente. La Calabria, in piena situazione di crisi sanitaria, non è ancora riuscita ad avere il suo commissario. Evidentemente il governo non è capace nemmeno di nominare un commissario, intanto però la situazione precipita, le restrizioni danneggiano l’economia e ledono le libertà dei cittadini. L’unica cosa che ‘Promettopoli’ riesce a fare per compensare i disastri combinati è bloccare le Regioni e giocare con i colori.
Tutto è iniziato con l’intervista di Titolo Quinto al commisario ad acta della sanità regionale Saverio Cotticelli. Una semplice domanda e il dramma si rivela. Cotticelli non era al corrente del fatto che era lui a doversi occupare di predisporre il piano Covid nella regione.
Tanto grave quanto immediata è stata la risposta di Conte, il quale con una nota dichiara: “Il commissario per la sanità in Calabria Saverio Cotticelli va sostituito con effetto immediato. Anche se il processo di nomina del nuovo commissario prevede un percorso molto articolato, voglio firmare il decreto già nelle prossime ore: i calabresi meritano subito un nuovo commissario pienamente capace di affrontare la complessa e impegnativa sfida della sanità”.
Tolto uno, il governo ne presenta un altro. Questa volta tocca a Zuccatelli, figura che fin da subito si distingue per le sue doti non affatto consone a ricoprire tale incarico. In un video risalente a maggio Zuccatelli afferma: “La mascherina non serve a un cazzo” e “per beccarti il virus, se io fossi positivo, tu devi stare con me e baciarmi per 15 minuti con la lingua in bocca, altrimenti non te lo becchi”. Palese era la caratura del personaggio come palesi le motivazioni per le quali era stato nominato come neocommissario. Più che una nomina per le sue competenze, sembrava una nomina per questioni politiche. Leggendo il suo Curriculum, infatti, si denota chiaramente il legame politico con il ministro Speranza.
Dopo Zuccatelli è la volta di Eugenio Gaudio, il quale decide di rifiutare la proposta della nomina a neocommissario calabrese con una motivazione piuttosto originale che probabilemente ha fatto ridere tutta Italia: “Mia moglie non ha intenzione di trasferirsi a Catanzaro. Un lavoro del genere del genere va affrontato con il massimo impegno e non ho intenzione di aprire una crisi familiare”. La scelta di Gaudio non aveva mancato, inoltre, di sollevare diverse perplessità a causa di un’indagine nell’inchiesta sui concorsi all’università di Catania e, in particolare, di una selezione indetta per promuovere a docente di prima fascia Velia D’Agata, professoressa dell’università di Catania e figlia dell’ex procuratore catanese Vincenzo. Gaudio, secondo l’accusa, avrebbe suggerito agli altri indagati di indire una procedura concorsuale ristretta ai soli docenti interni, così da evitare che un esterno potesse soffiare il posto alla figlia del procuratore.
Veniamo ad oggi… Per non smentire il governo con le sue precedenti vicende, anche l’ultimo dei ‘nominati’ Agostino Miozzo non sarà il nuovo commissario. “A quanto si apprende da fonti di maggioranza, Miozzo avrebbe chiesto al premier Giuseppe Conte di poter essere investito dell’incarico avendo poteri in deroga, ma la sua condizione sarebbe stata ritenuta non ricevibile”, riferisce SkyTg24.