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Autostrade: “Pronti all’accordo con il governo”. Addio revoca, e Benetton ringrazia

Pubblicato il 23/06/2020 15:10

Dopo i disastri combinati per anni, culimati con la caduta del ponte Morandi e la morte di 43 persone, ci si aspettava la revoca delle concessioni autostradali ai Benetton. E così era stato annunciato, da Conte, Di Maio e gran parte del quartier generale 5Stelle. Il nuovo viadotto di Genova, intanto, è quasi pronto. Ma la questione della revoca è sparita dalla linea di governo. Autostrade ora vuole evitare la rottura, e intende sedersi al tavolo con il Governo, con la convinzione che, in presenza di “una volontà politica” sia possibile “chiudere l’intesa in una settimana” sulle concessioni autostradali. Di cosa stiamo parlando?

Come spiega l’HugginftonPost, “cerchiata di rosso è la data del 30 giugno”. Ma “non vogliamo che sia un ostacolo a questo confronto”, afferma Roberto Tomasi, a.d. di Autostrade per l’Italia (Aspi), in un’intervista al Messaggero, “ma non rinunciamo a considerare fermi i diritti previsti per Aspi nella Convenzione”. Il manager della concessionaria del gruppo Atlantia non rivede però i termini della proposta avanzata dall’azienda, definita “inaccettabile” dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte solo pochi giorni fa.

Spiega che Autostrade non è più la società del crollo del Ponte Morandi, “abbiamo rivisto profondamente tutti i processi del gruppo”, sono stati stanziati 700 milioni per ricostruire il viadotto genovese, “abbiamo anche dato continui segnali di forte cambiamento” sul controllo della rete autostradale. Con la proposta, ritoccata a maggio, sottolinea ancora l’a.d., “abbiamo arrotondato ulteriormente i 2,9 miliardi di euro, prevedendo risorse a carico della società per ulteriori manutenzioni”. Inoltre “in questo contesto economico, dei 14,5 miliardi di investimenti entro il 2038, Aspi sarebbe in grado di avviare subito lavori per oltre 7 miliardi”.

Miliardi sul tavolo della trattativa, ma “non intendiamo abdicare ai diritti della società” prosegue Tomasi, “non cerchiamo privilegi ma non accetteremo condizioni che limitano la nostra attività”. Anche perché, conclude, “non posso non pensare che il vero interesse per il Paese è far partire subito i 7 miliardi di investimenti in nuove opere e cantieri”, afferma Tomasi. Un messaggino a Conte che suona come un ricatto. E con il Pd e Renzi che premono per accettare l’accordo, si sa già come andrà a finire questa partita. Vinceranno loro, gli italiani se la prenderanno di nuovo in quel posto. Con buona pace delle vittime.

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