A spaventare un’Italia già messa in ginocchio dalla crisi economica figlia della pandemia c’è ora anche un altro spettro, quello del supereuro. Il cambio euro/dollaro è infatti salito intorno all’1,20 nelle scorse ore, salvo poi ridiscendere leggermente, tra le appresioni degli imprenditori che temono l’ennesimo colpo al nostro export in un momento già di grandissima incertezza economica. Attraverso le pagine del Corriere della Sera, il presidente di Federmeccanica Alberto Dal Poz non ha nascosto i propri timori.
“I nostri tecnici – ha spiegato Dal Poz – non riescono ad andare all’estero così come quelli stranieri non riescono a venire da noi. Troppo complicato con le quarantene e i lockdown. Le filiere si stanno accorciando e stanno accorciando. L’apprezzamento dell’euro non fa che accentuare questa tendenza. Certo, è una sfida enorme. Perché le nuove filiere continentali puntano su prodotti nuovi, le auto ibride ed elettriche in primis”.
Massimo Carboniero, presidente di Ucimu (associazione che rappresenta le imprese produttrici di macchine utensili) ha spiegato a sua volta, con un po’ più di ottimismo ma la stessa preoccupazione per il futuro: “Mi rendo conto che i produttori di beni di consumo standardizzati possano registrare già oggi un impatto negativo. Per fortuna nel nostro settore non è così. Almeno non ancora. I nostri prodotti sono comprati più per la qualità che per il prezzo. Chi come noi vende macchine ad alta tecnologia resiste di più alle intemperie del cambio. Se il rapporto euro/dollaro arrivasse a 1,40 il problema si farebbe sentire anche per noi”.
E se settori come l’alimentare rischiano di sentire meno il colpo, il tessile e l’abbigliamento rischiano di essere di contro le realtà più penalizzate da questo nuovo trend. Non certo il massimo per chi cerca a fatica di portare avanti una tradizione di eccellenza italiana nonostante le tante difficoltà del momento e un governo che ancora tarda ancora a offrire risposte all’emergenza. Paura e incertezza, ormai diffuse tra i cittadini, rendono la vendita dei prodotti ancora più difficile. Qualcuno spieghi a Conte & co. che sarebbe il caso di non perdere altro tempo.
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