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“A noi zero indennizzi”. Due ristoratori nella gabbia della burocrazia di ‘Promettopoli’

Pubblicato il 16/11/2020 11:02 - Aggiornato il 16/11/2020 11:08

Ne abbiamo avuti di tutti i tipi. Quello vacanza, quello monopattini, quello bici… L’ultimo quello per Pc e tablet, che non si distingue dagli altri per efficacia, ma si aggiunge alla penosa lista delle misure promosse dal governo. Quanto sono servite per rispondere alle vere esigenze dei cittadini?

Dall’altra parte troviamo i classici indennizzi, anche per questi -bisogna riconoscere i meriti di “Promettopoli”- è stato fatto un bel buco nell’acqua. “Non lasceremo indietro nessuno”, dicevano.

La storia di due ristoratori di Como sbatte in faccia la realtà dei fatti. Mette in luce come in tutta questa vicenda della pandemia, dalle chiusure e ai contributi per le imprese, ci siano categorie e singole aziende completamente abbandonate e dimenticate.

Nicola Ostinelli e Stefano Neri hanno investito circa un anno fa, i risparmi di tutta una vita per riusicre ad aprire un locale a Sagnino. “A noi zero indennizzi”, denunciano i due ristoratori che hanno deciso di lanciare un appello durante il programma televisivo “Mi manda Raitre”. I due dichiarano: “Comprendiamo le ragioni di salute pubblica, ma non possiamo accettare i criteri con cui sono stati assegnati i rimborsi”.

Il meccanismo impiegato per stabilire i rimborsi li ha messi in automatico fuori gioco e come loro molti altri. “Prima il decreto ‘Rilancio’ e poi i successivi provvedimenti legislativi ‘Ristori” e ‘Ristori bis’, hanno definito come parametro per il calcolo dei fondi da destinare alle imprese, il differenziale tra il fatturato realizzato nel mese di aprile 2020 e quello conseguito nello stesso mese dell’anno precedente”, ricorda laprovinciadicomo.it da cui riprendiamo la notizia.

A loro (del governo), che mancano di senso pratico, sono indirizzate queste semplicissime, ma importantissime spiegazioni. Perchè questi ‘dettagli’, da loro ignorati, stanno facendo la differenza per quanto riguarda la possibilità di percepire o meno dei sostegni, che per quanto ridicoli, sono meglio di niente.

Problema numero 1, prendere in esame un solo mese non è sufficiente: “Può infatti portare a sovrastimare o sottostimare, chi nell’aprile 2019 ha emesso una fattura importante, magari la più pesante dell’anno, si è visto accreditare un ristoro rilevante senza che, in realtà, il suo fatturato abbia avuto un calo medio significativo nel 2020. Viceversa, molte imprese che fatturano principalmente all’inizio o alla fine dell’anno potrebbero avere un drastico calo dei ricavi nei prossimi mesi, non nello scorso aprile”.

Problema numero 2, “ci sono imprese che, pur operative nel 2019, non hanno fatturato nulla nel mese di aprile perché non ancora in attività: di conseguenza, anche se si tratta di società con un codice Ateco inserito nell’elenco dei beneficiari, non hanno percepito un solo euro”.

I due soci spiegano: “Per avviare questa attività abbiamo investito una cifra molto importante, messa insieme con anni di lavoro”. Il ristorante “è partito bene ma purtroppo il successo è durato poco tempo a causa dell’arrivo della Pandemia e quindi del primo lockdown”.

Ma non finisce qui, perchè oltre al peso dell’investimento per aprire l’attività, il peso del lockdown, i due ristoratori hanno dovuto farsi carico di ulteriori pressioni economiche: “Dopo la fine delle restrizioni – continuano Ostinelli e Neri – non abbiamo riaperto subito, perché ci siamo impegnati, investendo nuovamente, in una revisione del locale pensata per renderlo un luogo sicuro”.

Concludono i due ristoratori: “Siamo davvero senza parole per la leggerezza con cui sono stati realizzati questi provvedimenti: nel nostro caso, ci sono a rischio i risparmi di una vita, ma sappiamo di molte altre realtà che sono nelle nostre stesse condizioni”.

Come pensa questo governo che l’Italia possa riuscire ad uscire da questo disastro economico, se abbandonano così famiglie e imprese?