Macron perde i pezzi. Dopo le clamorose rivelazioni di stampa, cade l’alfiere della riforma delle pensioni Jean-Paul Delevoye, fedelissimo del presidente. Con una Francia paralizzata da 12 giorni di scioperi, in preda al disagio sociale, è chiaro che non si tratta soltanto di sostituire una casella governativa. Come scrive oggi Francesco De Remigis su Il Giornale, “urge far chiarezza sul ruolo che il 72enne svolgeva per conto del presidente della Repubblica: contemporaneamente alto commissario alla riforma delle pensioni e presidente di Parallaxe, think tank nel settore educazione, con uno stipendio di oltre 5mila euro al mese, e un cumulo di cariche solo in parte comunicate all’Autorità per la trasparenza della vita pubblica (Hatvp). Rispetto alle 3 dichiarate, sono già 14; emerse grazie a inchieste giornalistiche”.
“In barba all’articolo 13 della Costituzione che lo vieterebbe, Jean-Paul Delevoye si era per esempio ‘dimenticato’ delle consulenze con le grandi assicurazioni. Almeno 10 ‘sviste’ e compensi citati al ribasso: dichiara 40mila euro dal gruppo Igs nel 2017 (invece guadagnava 78.804 netti) e 64.420 da Parallaxe (invece sono 73.338). Ma oltre a incarichi retribuiti, o svolti per la maggior parte gratuitamente, è il presunto conflitto d’interessi a pesare sulla ‘terzietà’ del padre della riforma che cancellerà i 42 regimi pensionistici con un sistema unico a punti di ispirazione svedese. I fondi di assicurazione privati potrebbero trarre benefici dalla nuova legge che da due anni è nelle sue mani?”.
Scrive De Remigis: “Nel pieno delle trattative sulla riforma, e in un clima di accesa protesta, i francesi hanno scoperto dai giornali che il Jean-Paul Delevoye era ‘strettamente legato’ a questo mondo, dando nuova linfa alle opposizioni destra-sinistra, con Marine Le Pen che da giorni chiede un referendum sul testo e l’uscita di scena del frontman delle pensioni. Il presidente Macron ha accettato ieri le sue dimissioni ‘con rammarico’ e l’esecutivo è all’opera per far ripartire il treno riformista. Ma Delevoye è la 16esima tessera del mosaico di governo a saltare in due anni e mezzo e, pur impegnandosi a rimborsare oltre 123mila euro – cioè le somme guadagnate dopo la nomina a commissario per le pensioni nel settembre 2017, poi diventato anche ministro nel settembre scorso – ora rischia fino a 3 anni di reclusione e 45mila euro di multa”.
Lui parla di ‘dimenticanze’ quanto ai legami con il settore assicurativo nella dichiarazione pubblicata il 7 dicembre dall’Hatvp. “Difficile sostenere questa linea per ciò che riguarda invece il mandato al Cese, che va dal 16 ottobre 2010 al 1 dicembre 2015, l’ultimo scovato dai media. È stato infatti anche presidente del Consiglio economico, sociale e ambientale (Cese). Non la presidenza onoraria di un think tank o di un istituto di formazione, ma un ruolo per cui ha ricevuto 6.330,32 netti al mese. Nessuna menzione”.
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